Nel 2016 resta stabilmente sopra quota un milione (1 milione 92 mila) il numero delle famiglie italiane senza redditi da lavoro, l’anno scorso erano  1 milione 85 mila. Si tratta di famiglie dove tutti i componenti attivi, che partecipano al mercato del lavoro, sono disoccupati. Quindi se reddito c’è arriva da altre fonti e non dall’impiego (rendite o pensioni). Mentre sono 970mila le famiglie, con e senza figli, dove la donna è l’unica fonte di reddito. Questo emerge dall’ultima indagine Istat dedicata allo stato delle famiglie del nostro Paese.

Questo il dato nazionale fornito pochi giorni fa. E in Emilia-Romagna?

“Esiste un indicatore attendibile per censire le persone, con famiglia al seguito, in difficoltà nella nostra regione –  spiega Tullia Bevilacqua, segretario generale regionale del sindacato Ugl Emilia-Romagna   –  è sufficiente  conoscere il dato di quanti si sono rivolti ai centri Caritas diocesani, alle mense ed ai dormitori della Chiesa cattolica in assenza di altri supporti. Secondo le ultime stime si parla di: 66 mila cittadini della nostra regione, vittime di casi estremi di povertà. Fra questi: migliaia di persone, italiani ed anche stranieri, che , vittime della crisi, hanno perso il lavoro, hanno perso tutto. Un popolo di invisibili. Persone di cui non si parla mai”.

Secondo i dati Caritas la fascia di popolazione più colpita dalla crisi in Emilia-Romagna è quella tra i 35 e i 44 anni ma la povertà colpisce anche i giovani (18-34enni) ed i meno giovani (i 55-64enni).

Una stima – 65.000 / 70.000 famiglie che vivono sotto la soglia della povertà assoluta in Emilia-Romagna – confermata anche  da un recentissimo studio elaborato dall’Università di Modena e Reggio Emilia. Al Nord sono 300 mila  le famiglie senza redditi da lavoro. Il 3,5% dei cittadini: in percentuale quasi la metà rispetto al resto del Paese, dove le famiglie in difficoltà sono quasi 8 su 100, con un reddito medio annuo  di 6.630 euro.

“A questo popolo degli invisibili, le vittime della crisi economica più grave dal dopoguerra ad oggi, che al netto della propaganda governativa, sono una cifra spaventosa che si deve aggiungere a quanti (gli esodati, per esempio) stanno ancora combattendo per vedersi riconosciuto un diritto, si devono dare risposte concrete, non soltanto slogan. Per non dimenticare i dati preoccupanti della cassa integrazione e  le richieste dell’indennità di disoccupazione in Emilia-Romagna. Tutto questo per dire che il nostro tessuto economico-sociale non è ancora uscito dallo stato di profonda crisi che ha colpito anche l’Emilia-Romagna e che è necessario andare oltre il Patto del Lavoro costruendo  basi solide per il nostro sistema produttivo adottando politiche di rilancio e di sostegno ai settori (come l’ edile e il terziario, per esempio) più colpiti dalla crisi, adottando piani industriali da calare su tutte le province, prestando attenzione soprattutto alle categorie più deboli, come donne e giovani e disoccupati over 50. È necessario ridurre il cuneo fiscale e  ribadiremo sempre la necessità di intervenire con una “profonda manutenzione” sulla legge Fornero. Senza questi due interventi nessun imprenditore investirà mai facendo ripartire l’economia”: conclude il segretario generale regionale del sindacato Ugl Emilia-Romagna,  Tullia Bevilacqua.

 

 

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