E’ arrivata in questi giorni – a mezzo stampa tramite un importante quotidiano nazionale, e già questo dovrebbe fare riflettere – la temuta conferma della riapertura nella città di Modena di una struttura destinata a sostituire il vecchio Cie.
Già in passato abbiamo avuto modo di esprimere la nostra assoluta contrarietà ad una struttura di questo tipo:  i vecchi Cie, oggi Cpr, Centri Permanenti per i Rimpatri, si sono rivelati luoghi dove sono stati continuamente violati i diritti umani e la dignità delle persone. Luoghi che che producono solo una lunga e inutile detenzione senza risolvere il problema dell’identificazione: senza il riconoscimento e la conferma da parte dei paesi di presunta origine infatti, le persone non si possono rimpatriare. Tornare indietro a strumenti come i Cie, non fa altro che alimentare odio in modo strumentale e creare problemi e tensioni nei territori che li ospitano.
Inoltre, la precedente esperienza del Cie ci ha consegnato un quadro di forte violazione dei diritti dei lavoratori impiegati nella gestione della struttura, violazioni che sono state, fra gli altri motivi, alla base della mobilitazione che ha portato nel 2013 alla chiusura della struttura. Le tante voci contrarie che si sono levate in questi giorni, associazioni, partiti politici, istituzioni, confermano che si tratta di una scelta sbagliata e che per di più non ha il favore del territorio.
E proprio per queste ragioni la notizia assume ancora di più i tratti di una vera e propria beffa a quella stessa città che solo 4 anni fa, dopo una larghissima mobilitazione, è riuscita ad ottenere la chiusura del Cie.
Al di la dei nomi che si daranno alle strutture e delle dichiarazioni di facciata, il ritorno a luoghi di contenimento coatto rappresenta una strada impraticabile, oltre che inutile al contrasto dell’immigrazione irregolare, estremamente e inutilmente costosa, e che troppo spesso e in tante situazioni ha foraggiato illegalità e ruberie, da parte di chi lo gestiva. Occorre uscire dalla logica tutta emergenziale, che per incapacità si decide di affrontare con il contrasto repressivo, mentre siamo convinti che l’unica strada possibile sia quella di attivare una risposta e un coinvolgimento europeo attraverso politiche sociali diverse da quelle attuali, imparare a progettare l’accoglienza e non gestire solo l’emergenza.
E che si prosegua il lavoro di impegno condiviso e comune tra istituzioni del territorio, associazionismo, volontariato cooperazione seria e affidabile che ha rappresentato i punti cardine delle azioni efficaci realizzate questi anni nella nostra regione a tutti i livelli.
Servono percorsi di inclusione e interventi innovativi e responsabili in grado di dare risposte concrete al tema delle povertà, per il diritto al lavoro dignitoso, per la piena cittadinanza.
La riproposizione di ricette vecchie e fallimentari non risponde alla legittima domanda di sicurezza della popolazione, rischia di fomentare odio e intolleranza sociale e dimostra l’incapacità di riuscire a trovare soluzioni che sappiano salvaguardare un modello di convivenza che ambisca all’integrazione e alla convivenza pacifica di tutti gli individui.

Lo scrive la CGIL di Modena in un comunicato stampa inviato alla nostra redazione.

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