In data odierna la Guardia di Finanza (Nucleo di Polizia Tributaria G.I.C.O. di Napoli, Nucleo di Polizia Tributaria G.I.C.O. di Bologna, S.C.I.C.O. di Roma, Gruppo Pronto Impiego di Napoli, Gruppo di Giugliano in Campania) ha dato esecuzione ad una misura cautelare personale e reale emessa dal GIP del Tribunale di Napoli su richiesta della DDA di Napoli, con la quale sono state disposte le custodie cautelare in carcere per 12 persone, gli arresti domiciliari per 4 persone ed il sequestro preventivo di 1.177 (millecentosettantasette) immobili, 211 veicoli, 59 società, 400 rapporti bancari, per un valore nominale complessivo di circa 700 milioni di euro.

L’iniziativa giudiziaria riguarda l’operatività di un gruppo criminale legato a diversi clan camorristici (clan MALLARDO, clan DI LAURO e clan DEGLI SCISSIONISTI, clan PUCA, clan AVERSANO, clan VERDE, clan PERFETTO), operante in diverse Regioni italiane e tra queste anche Emilia Romagna, con base prevalente in Campania ed attivo in diversi  settori  illeciti, primi  fra  tutti  quello  degli  investimenti immobiliari  e quello delle truffe alle assicurazioni.

L’attività eseguita rappresenta lo sviluppo di indagini svolte negli anni precedenti che avevano portato al sequestro di un’imponente lottizzazione abusiva a Melito (il cosiddetto PARCO PRIMAVERA) ed al sequestro di ingenti provviste economiche.

Infatti, durante controlli antiabusivismo edilizio, la Guardia di Finanza di Giugliano in Campania appurava che il complesso edilizio denominato “PARCO PRIMAVERA” di Melito era stato edificato in maniera abusiva e che gli organi deputati ai controlli edilizi ed al rilascio dei permessi a costruire avevano chiaramente concorso a tale edificazione abusiva.

Si accertava, inoltre, che gli imprenditori  che avevano realizzato il suddetto complesso abusivo avevano sicuri legami con la criminalità organizzata locale, dato che uno dei soci delle società che avevano edificato il Parco Primavera era A.C., già Sindaco del Comune di Melito e già condannato per partecipazione all’associazione  camorristica  denominata  clan DI LAURO. Veniva disposto il sequestro preventivo del PARCO PRIMAVERA (attualmente per tali vicende è in corso il dibattimento) e venivano effettuate perquisizioni ed acquisite informazioni di carattere finanziario e bancario nei confronti degli imprenditori coinvolti nella speculazione edilizia, dalle quali emergeva che ciascuno di essi era in possesso di enormi disponibilità bancarie e finanziarie del tutto incompatibili con i redditi rispettivamente dichiarati.

Veniva quindi sviluppato un secondo filone investigativo- culminato con l’operazione odierna e curato dal GICO della Guardia di Finanza di Bologna poiché emergeva che gli imprenditori avevano consistenti interessi in Emilia Romagna – in cui venivano effettuati ulteriori accertamenti bancari e patrimoniali ed attivate intercettazioni a carico dei soggetti coinvolti nella speculazione immobiliare.

Questi  approfondimenti  investigativi  consentivano  di  disvelare  un  vero  e  proprio  vaso  di Pandora criminale. Infatti, le verifiche bancarie permettevano di ricostruire un vero e proprio impero patrimoniale che gli indagati gestivano in maniera  assolutamente  promiscua:  non vi era alcuna distinzione di ruoli, di budget, di bilanci, né di società o di conti correnti, in quanto l’unico scopo degli indagati era quello di creare una formale giustificazione per effettuare il reimpiego sistematico di enormi somme di denaro di provenienza  illecita.

Al contempo, dalle indagini tecniche emergeva che le provviste di denaro erano in realtà provenienti dai vertici di vari clan camorristici operanti nel territorio campano: clan MALLARDO, clan degli SCISSIONISTI, clan PUCA, clan AVERSANO, clan VERDE, clan PERFETTO, clan DI LAURO.

Emergeva inoltre l’operatività di una vera e propria organizzazione criminale  attiva nel settore delle truffe alle assicurazioni e volta alla realizzazione di pratiche di falsi incidenti automobilistici, finti incendi e finti allagamenti, i cui proventi finivano parzialmente nelle casse dei clan camorristici e molto frequentemente venivano riciclati in attività societarie e di cui faceva parte anche uno degli imprenditori del Parco Primavera.

Si accertava che spesso i profitti dell’attività truffaldina venivano mascherati da quest’ultimo come Conferimento Conto Soci in compagini societarie in cui lo stesso formalmente non figurava quale socio: si individuava così uno dei canali illeciti di approvvigionamento delle risorse dell’organizzazione.

Per effettuare le operazioni di ‘ripulitura’ l’imprenditore si serviva di persone  estremamente   fidate  come  i suoi  familiari  nonché due fratelli, che risultano coinvolti nella operazione odierna per il reato di riciclaggio aggravato.

Dalle indagini emergeva che gli indagati partecipavano ai diversi aspetti della vita delle organizzazioni camorristiche, anche quelli di tipo più spiccatamente militare.

Dalle indagini è emerso anche che il gruppo criminale monitorato era formato da soggetti che, pur essendo  inseriti  stabilmente  in  organizzazioni  camorristiche  differenti,  svolgevano attività illecite nel comune interesse dei diversi clan camorristici, sia nel settore degli investimenti immobiliari, sia in quello dei riciclaggi, sia in quello delle truffe alle assicurazioni. Gli accertamenti finanziari e bancari sviluppati nei confronti di sei indagati  hanno consentito di dimostrare che i capitali di provenienza illecita o quantomeno ‘opaca’ venivano  sistematicamente  reimpiegati  in investimenti  immobiliari.

Ciò consentiva all’organizzazione di raggiungere due distinti fini: per un verso, il passaggio di mano di somme di denaro e di quote societarie rendeva difficoltosa, se non impossibile, l’individuazione delle originarie provviste poi utilizzate per le differenti operazioni di investimento e, per altro verso, proprio questi investimenti generavano un immenso patrimonio societario ed immobiliare nella disponibilità del medesimo gruppo criminale.

In altri termini, anche attraverso le indagini bancarie e  finanziarie,  è  stato  possibile individuare un altro modo con cui le organizzazioni camorristiche creano le provviste illecite che ne consentono l’affermazione,  anche economica, sul territorio.

Tale impostazione trovava definitivo riscontro nelle conversazioni degli stessi indagati, captate durante le intercettazioni, in cui essi raccontavano esplicitamente come opera  il sistema dell’approvvigionamento dei capitali illeciti e del loro conseguente reinvestimento in immobili e quote societarie.

Dalle indagini bancarie emergeva anche che gli indagati usavano spostare sistematicamente considerevoli somme di denaro tra diversi conti correnti per poi convogliarle nelle società, quasi sempre a titolo difinanziamento conto soci; prassi, quest’ultima, che integra, di per sé, gli estremi del delitto di riciclaggio.

Inoltre gli approfondimenti bancari hanno consentito di scoprire che, molto spesso, le provviste utilizzate per finanziamento conto soci provenivano da soggetti che non erano soci delle società finanziate.

Ciò forniva tangibile riscontro alla ricostruzione investigativa del carattere fittizio delle complessive operazioni, che servivano esclusivamente  agli  indagati  per  attribuire  una parvenza lecita all’approvvigionamento  di capitali di provenienza illecita.

Venivano poi sentiti diversi collaboratori di giustizia sulla partecipazione degli indagati alle organizzazioni camorristiche e sulla realizzazione dei diversi reati fine e le loro dichiarazioni hanno fornito pieno riscontro alle indagini già impostate.

Il gruppo  camorristico si è rivelato  attivo anche sotto il profilo militare: diversi  episodi attestano la diretta partecipazione, anche di altri indagati, ad attività estorsive o di matrice violenta o in altre attività poste in essere per ottenere l’impunità per i delitti nel  frattempo realizzati. In alcuni episodi risultano coinvolti i vertici delle organizzazioni camorristiche.

Le indagini hanno poi dimostrato che il gruppo camorristico investigato era  riuscito  ad operare indisturbato negli anni anche grazie allo stabile e determinante appoggio di insospettabili colletti bianchi: funzionari di banca e commercialisti il cui apporto si è rivelato cruciale e  determinante per la vita e l’espansione dell’organizzazione criminale.

Si è accertato che alcuni di essi non si erano limitati a fornire un ausilio estemporaneo agli indagati, ma erano stati in costante e sinergico rapporto con il gruppo camorristico e che da esso avevano tratto vantaggi personali: tali vantaggi avevano funto da contropartita alle agevolazioni da loro stessi prestate alla vita dell’associazione criminale. Di qui la contestazione di partecipazione al clan PUCA.

Il dato investigativo più significativo è certamente quello quantitativo, essendo emerso che il gruppo criminale monitorato aveva la disponibilità di un patrimonio illecito che, ad aprile del 2015, ammontava a 1.177 (millecentosettantasette) immobili, 62 società commerciali, 211 veicoli per un controvalore di circa 700 milioni di euro.

Tale quantificazione comprende il patrimonio dei soli indagati e dei rispettivi nuclei familiari, ovvero esclusivamente dei soggetti per i quali sono state condotte approfondite ricostruzioni bancarie e patrimoniali; nel computo suindicato non rientrano i soggetti prestanome (in quanto per essi non sono stati acquisiti elementi tali da rendere certa l’esistenza della consapevolezza del carattere fittizio delle attività di intestazione) nonché tutti coloro che, pur essendo coinvolti a vario titolo nelle intestazioni  di beni o società, non sono risultati in sproporzione reddituale con i patrimoni posseduti.

Contestualmente all’esecuzione del provvedimento cautelare (personale e reale) sono state eseguite numerose perquisizioni

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