Il ritardo accumulato dall’Italia nella spesa per investimenti espone le imprese italiane ad un gap di competitività relativo alla dotazione infrastrutturale. L’esame dei dati messi a disposizione nel rapporto sulle economie regionali di Banca d’Italia sviluppato dal centro studi nazionale Lapam Confartigianato, evidenzia che le decisioni di investimento relative alla realizzazione di lavori pubblici delle Amministrazioni locali siano scese del 30,2% tra il 2011 e il 2016 a livello nazionale.

Nel periodo in esame la spesa per fabbricati non residenziali, opere stradali e altre opere del genio civile delle Amministrazioni locali è scesa di 3.774 milioni di euro. Il 78% delle decisioni di investimento in lavori pubblici si riferisce ai Comuni, il 9,5% a Province e Città metropolitane, il 5,7% a Regioni e ASL e il 6,8% ad altre amministrazioni; contrazioni più accentuate della media si riscontrano per Province e Città metropolitane (-41,6%) e Regioni ed ASL (-41,4%). Per tipologia di intervento si osserva una caduta del 48,4% per le opere di nuova realizzazione e un calo del 26,4% dei lavori di manutenzione, recupero e ristrutturazione che riguardano i due terzi (67,7%) delle decisioni.

La caduta della domanda pubblica ha determinato effetti pesanti sull’occupazione nella filiera dell’edilizia. In questi settori – Costruzioni, indotto manifatturiero e servizi all’edilizia – tra il 2012 e il 2016 si sono persi 296 mila occupati, con un calo dell’11,8%. Calo più ampio per le Costruzioni che vede ridursi l’occupazione del 14,8%, un ritmo doppio rispetto al -7,0% dell’indotto.

A Reggio Emilia, nella fattispecie, le costruzioni hanno perso tra il 2012 e il 2016 4.226 occupati, l’indotto manifatturiero 1.789, mentre sono in crescita i posti nell’immobiliare e nei servizi professionali (+238). In totale, dunque, sono stati persi 3.246 posti di lavoro su un totale di 46.099 occupati (con un calo percentuale del 17%). La filiera casa sul totale dell’economia ‘pesa’ per il 28,9% delle imprese attive e per il 13,9% degli occupati. A Reggio Emilia, infatti, sono 12.014 le imprese attive, divise tra 6.770 imprese delle costruzioni, 689 dell’indotto manifatturiero e 4.555 di immobiliare e servizi professionali.

“A fronte di questi numeri – commenta Lapam Confartigianato – diventa difficile sostenere la tesi secondo cui gli investimenti infrastrutturali non sono necessari. Nel nostro Paese il pubblico ha smesso di investire e la situazione non è certo migliorata, sappiamo bene poi che nella nostra provincia questo comparto ha sofferto in modo pesantissimo la crisi. Non è necessario essere grandi economisti per sapere che il comparto costruzioni è determinante per far ripartire l’economia – conclude Lapam -. E che gli investimenti pubblici sono determinanti per mantenere il livello di competitività dell’intero territorio e dunque delle nostre imprese”.

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