Due primati dell’Emilia Romagna nel settore del cibo di qualità: con il Parmigiano Reggiano la nostra regione è sul gradino più alto del podio per il primo prodotto per valore all’origine (1,34 miliardi di euro), mentre con l’Aceto balsamico di Modena Igp è al primo posto per il valore delle esportazioni (897 milioni di euro). Lo comunica Coldiretti Emilia Romagna sulla base dei dati del Rapporto Ismea – Qualivita 2018 sui prodotti Dop/Igp dal quale si evidenzia che il sistema italiano di qualità “Food and wine” conta u 822 specialità tutelate che sviluppano un valore alla produzione di 15,2 miliardi con un aumento del 2,6% su base annua. In Emilia Romagna – informa Coldiretti regionale – i prodotti Dop e Igp nel settore del cibo sono 44, mentre 29 riguardano il vino, per un valore complessivo alla produzione di 3,3 miliardi di euro (+9% sull’anno precedente) di cui 2,9 miliardi per il cibo e 389 milioni per il vino.

Insieme al valore di cibo e vino a denominazione d’origine – commenta Coldiretti Emilia Romagna – sale anche il valore del falso made in Italy agroalimentare nel mondo che con un aumento record del 70% negli ultimi dieci anni ha raggiunto i 100 milioni. L’Emilia Romagna, i cui prodotti imitati hanno raggiunto un valore di oltre 12 miliardi, con il Parmigiano Reggiano ha anche il primato del prodotto italiano più imitato nel mondo dove i vari parmesan, parmesao e regianito hanno ormai superato l’originale.

La produzione alimentare italiana che nelle esportazioni ha superato i 40 miliardi – afferma Coldiretti Emilia Romagna – potrebbe dare un contributo ancora maggiore alla crescita del Pase se dagli accordi venisse un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale, purtroppo a far crescere le imitazioni estere è stata la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost ma, a preoccupare è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta).

Per la prima volta nella storia, l’Unione Europea – spiega Coldiretti regionale – ha legittimato infatti in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali.

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