In questi anni i settori di riferimento di Confesercenti, il piccolo e medio commercio al dettaglio, i pubblici esercizi e il turismo, i servizi, sono stati attraversati da cambiamenti che hanno mutato per sempre alcune loro caratteristiche salienti. A partire dai provvedimenti di liberalizzazione del settore, introdotti dal governo Monti, per finire al depotenziamento delle norme urbanistiche in ossequio alla Direttiva Bolkestein, la rete che garantiva reddito, occupazione, sicurezza, vitalità è stata messa a dura prova. Anni in cui si è registrata una forte riduzione delle attività commerciali al dettaglio sia a livello nazionale che in ambito locale. Mentre la GDO ha verificato una crescita del 25%. Anche se nel complesso il peso del commercio si è significativamente ridotto, rispetto ad esempio all’insieme dei servizi e soprattutto all’alloggio e ristorazione, che presenta una variazione sempre positiva, anche nel periodo dopo crisi.

Accanto al dato strutturale della riduzione del numero degli esercizi in sede fissa, accentuato dalla crisi economica e dai provvedimenti di deregolamentazione, va detto che da alcuni anni tutti i settori di nostro riferimento sono sottoposti ad un processo di trasformazione e riorganizzazione anche attraverso l’applicazione della Direttiva europea sui servizi, la diffusione della sharing economy, la presenza sempre più ingombrante e liberalizzatrice dell’Autorità Garante della libera concorrenza e del mercato, la diffusione del commercio online. Ci sono state attività che hanno avuto una crescita progressiva e costante grazie ad internet e anche le stime per il futuro sono positive. Va però evidenziato che nel commercio e nel turismo l’utilizzo d’internet è un fatto diffuso, valori più bassi invece si registrano nelle aziende più piccole e soprattutto nei pubblici esercizi. Parallelamente a Internet, l’utilizzo dei social media è entrato in modo consistente nelle attività del commercio e soprattutto del turismo. È proseguita poi anche la crescita dell’e-commerce: un canale di vendita in grado di allargare il proprio mercato di riferimento al di fuori dei confini provinciali e nazionali.

Cogliere l’innovazione in atto in ampi settori dell’economia e, di riflesso, nelle abitudini di vita e di acquisto dei consumatori, è un iter a cui anche le piccole imprese non possono sottrarsi, ma va anche detto che debbono essere introdotte regole atte a temperare le iniziative dei più forti e a garantire di conseguenza ai piccoli e ai medi di giocarsi la partita con possibilità di successo. Per ridefinire un nuovo equilibrio della rete distributiva che consenta di recuperare un ruolo da protagonista anche alla PMI, presidio, tra l’altro, indispensabile per la tenuta sociale delle nostre città.

Parimenti occorre intervenire più sulla riqualificazione dell’esistente che sull’insediamento di medie strutture di vendita che rischiano di inflazionare l’offerta senza peraltro contribuire a elevarne la qualità. La legge regionale sul governo del territorio che riforma la normativa urbanistica vigente si fonda su due principi: lo stop al consumo del territorio e l’indirizzo verso la rigenerazione urbana. Principi condivisibili, tuttavia, data l’importanza che riveste il settore distributivo, riteniamo che le disposizioni in materia dovrebbero andare nella direzione di migliorare l’efficacia e l’integrazione delle politiche, evitando l’espansione incontrollata delle grandi strutture di vendita arrivate ormai in regione ad una quota di mercato di oltre il 60%. La proposta di introdurre strutturalmente un Fondo alimentato dagli investitori ogni qualvolta si insedia, si amplia, si accorpa una Grande Struttura di vendita da destinarsi a progetti di riqualificazione delle attività collocate nel centro storico, nei centri di Vicinato e lungo gli assi commerciali più significativi della città, non è la panacea di tutti i mali, ma va nella direzione di introdurre elementi di perequazione nei confronti delle PMI del commercio lasciate sole in un mercato dove prevalgono grandi interessi immobiliari e finanziari. Un mercato, per altro, completamente liberalizzato e privo di regole a tutela dei competitori più fragili economicamente per organizzazione aziendale. Come si fa a non capire che siamo di fronte anche nella nostra realtà ad un problema di “democrazia economica” che va affrontato anche attraverso un dibattito pubblico serio? L’innovazione senza risorse adeguate e sostegno pubblico per le PMI, al di là della loro volontà e del loro coraggio, resta una parola vuota e di comodo.

Non possiamo poi sottacere l’emergenza che deriva dai problemi inerenti la sicurezza del territorio, la diffusione dell’illegalità e dell’abusivismo. In questi ultimi anni c’è stata una più adeguata consapevolezza e di conseguenza un impegno più determinato e mirato da parte delle istituzioni e forze dell’ordine, comprese la Regione e le amministrazioni comunali. Resta però tanto da fare sulla sistematicità dei controlli e su una riforma del sistema penale atta a garantire la certezza della pena. Come Confesercenti, ribadiamo che tutti i fenomeni illegali, abusivi e di concorrenza sleale ovunque perpetrati, provocano danni sociali ed economici. L’illegalità è tra le cause di chiusura delle imprese anche sul territorio modenese, con perdita di posti di lavoro a vantaggio della precarietà e del sommerso. Accanto poi ad abusivismo e illegalità, registriamo da tempo anche l’aumento incontrollato delle attività cosiddette “a regime agevolato” (sagre, fiere, mercati degli hobbisti, del riuso, circoli privati, etc.) che sottraggono alle imprese del commercio e della ristorazione oltre 50 milioni di euro nel solo territorio modenese. Su questi problemi, chiediamo in primo luogo una più puntuale disciplina di queste attività sul piano normativo, e alle istituzioni di rafforzare le norme già esistenti per combattere l’illegalità e l’abusivismo ai danni delle attività commerciali e turistiche e alle forze dell’ordine di intensificare i controlli e la repressione.

L’incontro con il Sindaco è stato metodologicamente un fatto positivo, come positivo è stato l’impegno ad approfondire giuridicamente la creazione del Fondo strutturale a favore delle PMI. Occorre dare continuità a questi incontri. A tal proposito auspicheremmo un’audizione delle Associazioni di Rete Imprese Italia da parte della Commissione comunale prima di un dibattito in Consiglio. Certamente noi difendiamo il lavoro nostro, delle nostre famiglie e dei nostri dipendenti, ma pure un’idea di città più vivibile, più a misura d’uomo fatta di vie e piazze commercialmente popolate e non abbandonate al degrado e al diffondersi della microcriminalità. La coesione sociale passa anche attraverso questa attenzione particolare, alla consapevolezza che se viene meno l’interesse generale di una comunità, dell’equilibrio del suo tessuto economico-sociale, se viene meno in sostanza la politica come fattore di sintesi e di legittimazione dell’interesse generale il conducente che guida l’auto sarà esclusivamente la logica di impresa, non di quella diffusa, ma di quella più forte economicamente e finanziariamente.

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