Nel paese del Dragone si abbatte la peste suina africana e per l’Italia è una parziale boccata di ossigeno.

«La crisi sanitaria che ha colpito la Cina, con conseguente crollo della produzione interna e abbattimento di un numero cospicuo di capi – si parla di un totale di 50-100 milioni di maiali in meno su un patrimonio suinicolo nazionale di 500 milioni, che è la metà di quello mondiale – , ha migliorato lo scenario dei prezzi dei suini da macello in Italia, aprendo il mercato a nuovi sbocchi e prospettive di sviluppo – spiega Eugenia Bergamaschi, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, in vista del Tavolo nazionale sulle criticità del settore, convocato domani, mercoledì 17, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo -. La Cun suini ha registrato, infatti, nell’ultima settimana, una ripresa delle quotazioni, confermando il prezzo dei grassi (160-176 kg – circuito tutelato) a 1,282 euro al chilo ossia un +3,9% rispetto a una settimana fa».

Situazione ancora nera, invece, per i prezzi dello stagionato. La coscia per il crudo tipico (13-16 Kg) ha subito una flessione del 3% in un mese (variazione marzo-febbraio 2019) e del 28,9% nell’ultimo anno (variazione marzo 2019 – marzo 2018). Il Prosciutto di Parma stagionato (9,5 kg e oltre) è crollato del 7,4% (variazione marzo-febbraio 2019) e del 21,9% in un anno (fonte Crefis). Commenta così Andrea Cavazzuti, presidente della sezione allevamenti suini di Confagricoltura Emilia Romagna: «Noi allevatori emiliano-romagnoli dipendiamo dall’andamento delle quotazioni legate allo stagionato e in particolar modo al circuito tutelato delle Dop, pertanto dobbiamo puntare alla valorizzazione del Prosciutto di Parma.  Ci rendiamo disponibili a ragionare, all’interno dei Consorzi di produzione, sul marketing da adottare per aumentare la presenza sui mercati esteri; bisogna anche riprendere in mano la promozione degli altri tagli del suino pesante e dei loro potenziali utilizzi nei prodotti trasformati. Serve poi una politica che ridia valore al fresco». Quanto al mercato cinese, Cavazzuti è chiaro: «Vanno superate le barriere all’export in Cina ed eliminate le estenuanti pratiche burocratiche che rendono di fatto impossibile l’arrivo della nostra merce».

Sul tema interviene anche l’Organizzazione interprofessionale del Gran Suino Italiano, che è l’unica organizzazione interprofessionale suinicola italiana e rappresenta il 35% della produzione regionale; raggruppa in un solo soggetto le più importanti realtà del comparto in Emilia-Romagna: allevamenti, macelli, prosciuttifici e salumifici. «Le crisi di mercato – spiega il presidente Guido Zama – devono essere affrontate con una strategia di medio-lungo termine e con un presidio costante, da parte del sistema Italia e dell’intera filiera del suino, dei temi centrali che caratterizzano il suino pesante, le sue peculiarità e tipicità. Bisogna avviare una profonda analisi degli aspetti economico-organizzativi del nostro sistema, quindi sviluppare una diversificazione della produzione affiancata da una promozione delle aziende in forma aggregata, sull’esempio di quanto fatto da altri paesi».

Occorre poi, come più volte ribadito dall’OI, continuare a investire risorse ed energie sulla ricerca-innovazione.  Solo così si potranno sviluppare nuovi prodotti e nuovi metodi di valorizzazione della suinicoltura italiana. Difficile comprendere, peraltro, come non si riesca a fare squadra per valorizzare le nostre eccellenze all’interno di un mercato mondiale unico. È imprescindibile, infine, l’avvio di una coesa politica di comunicazione finalizzata a contrastare le fake-news sui social, mettendo in evidenza il valore scientifico di studi e ricerche e isolando le cosiddette mele marce, quei casi di maltrattamento e cattiva gestione degli allevamenti che poi danneggiano inevitabilmente centinaia di allevatori seri e capaci.

 

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