abuso-minoriLe norme del codice civile che tutelano i minorenni risalgono al 1940, e quindi “anche chi è digiuno di diritto può facilmente percepire in quella legge il sapore di una Italia contadina e ormai passata”. A ricordarlo è Luigi Fadiga, Garante dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Emilia-Romagna, commentando il convegno “Verso nuove forme di tutela, cura e rappresentanza del minore”, da lui promosso insieme al Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Bologna nella giornata di venerdì 22 aprile.

“Giuristi, operatori sociali, servizi di protezione dell’infanzia, giustizia minorile attendono con impazienza che si rifletta su questo argomento” e non a caso quindi, prosegue la figura di Garanzia dell’Assemblea legislativa, “il convegno vorrebbe dare una sveglia al legislatore nazionale perché affronti un tema che ha eluso anche nelle ultime riforme del diritto di famiglia”.

Come sottolinea Fadiga, “appena tre articoli su 42 di quel capitolo del codice civile riguardano gli aspetti personali e relazionali del minore, tutti gli altri riguardano questioni e controlli patrimoniali: non c’è traccia di bambini soggetti di diritti, e la loro protezione è del tutto sconosciuta a quelle norme”. Secondo il Garante “nuove famiglie, nuovi genitori, nuovi figli, sono ormai un dato di fatto, mentre nel 1940 non erano nemmeno immaginabili: il concetto di padre e madre deve essere ridefinito, e anche i minori stranieri non accompagnati sono un problema nemmeno ipotizzabile più di 70 anni fa”.

Anche per quanto riguarda i profili più strettamente patrimoniali, e, in particolare la rappresentanza legale dei figli e l’amministrazione dei loro beni da parte dei genitori, spiega Enrico Al Mureden, professore di Diritto civile all’Università di Bologna tra i relatori del convegno, “emerge l’indifferibile esigenza di adeguare l’impianto di regole concepito dal legislatore ormai quarant’anni orsono, al momento della Riforma del ’75, individuando soluzioni capaci di attuare l’interesse del minore in contesti familiari complessi e sensibilmente differenziati da quel modello di famiglia matrimoniale unita che ha costituito per lungo tempo il paradigma in funzione del quale è stata concepita la vigente disciplina legislativa e gli attuali orientamenti giurisprudenziali”. Stante l’attuale quadro legislativo, pertanto, “l’interprete è chiamato al difficile compito di invidiare soluzioni capaci di conciliare la instabilità che caratterizza le relazioni tra i genitori ed il diritto del figlio ad una costante presenza di entrambi nelle decisioni che lo riguardano”, conclude l’accademico.

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