“Siamo davvero stupiti per notizia del prezzo imposto a 50 centesimi per la vendita delle mascherine chirurgiche monouso. Molte aziende associate del territorio, prevalentemente micro e piccole imprese, nelle scorse settimane avevano raccolto l’accorato appello della Protezione Civile per convertire le loro produzioni in dispositivi di protezione, come appunto le mascherine, investendo tempo, risorse e mantenendo al lavoro parte delle maestranze e attivi gli impianti. Ora, con l’ordinanza del prezzo imposto dal commissario Arcuri, queste condizioni sono venute completamente meno. Pur comprendendo che il provvedimento adottato sia finalizzato a evitare spiacevoli speculazioni, Lapam Moda ritiene che la cifra indicata, peraltro senza alcuna valutazione analitica dei costi di produzione, non consenta a questa tipologia di strutture di continuare il loro percorso produttivo soprattutto all’interno della piccola impresa, dove la cifra dei 50 centesimi spesso non è nemmeno sufficiente a coprire il mero costo del tessuto, che deve essere di particolare qualità e soprattutto che molte aziende hanno già acquistato e pagato”. Roberto Guaitoli, presidente di Lapam Moda, dà voce a tanti piccoli imprenditori del comparto, soprattutto della zona del carpigiano, che hanno risposto alla richiesta di produrre mascherine ‘Made in Italy’ per rispondere alla domanda crescente e che si trovano, ora, con un pugno di mosche in mano e con costi già effettuati e gettati al vento.

“Da una parte – spiega Guaitoli – il rischio è quello di un forte monopolio di mercato da parte di alcuni grandi gruppi industriali e, dall’altro, che, in considerazioni dei grandi numeri periodicamente richiesti di mascherine chirurgiche, in ogni modo si debba arrivare a dipendere da forniture estere, con una ulteriore penalizzazione del prodotto Made in Italy la qual situazione si è già dimostrata particolarmente deleteria per il nostro Paese”.

Lapam Moda mette anche in dubbio la legittimità dell’intervento, che di fatto impone un prezzo per un bene a produzione privata e non per un monopolio pubblico. Guaitoli conclude: “Altra strada sarebbe stata quella di un percorso di confronto con i soggetti coinvolti e le loro rappresentanze per attivare convenzioni ed accordi che, non disincentivando la produzione delle piccole imprese, potesse comunque far mantenere un prezzo di accesso abbordabile per il privato. A ciò si aggiunga che, una determinazione di prezzo così bassa, rischia di penalizzare anche quelle piccole imprese, che si stanno ingegnando per produrre mascherine di alta qualità, a più strati e lavabili più volte, che non possono essere paragonate alle chirurgiche monouso e soprattutto non possono essere immesse sul mercato con un termine di paragone fissato a 50 centesimi”. Un classico caso di beffa e danno.

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