Scoperto a Modena, per la prima volta al mondo, il meccanismo che provoca le microtrombosi polmonari nelle forme più gravi di COVID-19. Questo, in sintesi, il lusinghiero risultato dello studio condotto dai ricercatori del Team di Emolinfopatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria (AOU) di Modena, guidati dal dottor Luca Roncati  (foto) dell’Anatomia Patologica, diretta dal professor Antonino Maiorana dell’Università di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE), con la fondamentale collaborazione della dottoressa Giulia Ligabue del Laboratorio di Nefropatologia della Nefrologia e Dialisi, diretta dal professor Gianni Cappelli di UNIMORE, e del dottor William Gennari, biologo molecolare del Laboratorio di Microbiologia e Virologia Molecolare del Dipartimento Interaziendale ad Attività Integrata di Medicina di Laboratorio e Anatomia Patologica, diretto dal dottor Tommaso Trenti dell’Azienda USL di Modena.

Lo studio è stato pubblicato sull’ultimo numero di Platelets, rivista internazionale edita dalle prestigiose università britanniche di Birmingham e Cambridge. Per il loro studio i ricercatori modenesi hanno potuto avvalersi del Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti di UNIMORE. Questo risultato straordinario giunge a pochi mesi dalla pubblicazione su Clinical Immunology di un’altra importante ricerca condotta dallo stesso Team sulle vasculiti da SARS-CoV-2.

“Ancora una volta la sanità regionale è protagonista della ricerca a livello internazionale – si è complimentato l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini – e Grazie al lavoro dei ricercatori modenesi, la nostra Regione non ha solo ottenuto un altro primato scientifico, ma ha contribuito ad aumentare la conoscenza dei meccanismi con cui agisce il Coronavirus. Un altro risultato importante che va ad arricchire il lavoro della comunità scientifica internazionale, impegnata quotidianamente nella lotta quotidiana contro questo subdolo nemico”.

“Voglio fare i complimenti al Team di ricercatori guidato dal dottor Roncati – ha commentato il Direttore Generale, dottor Claudio Vagnini – che in questi ultimi mesi è riuscito a centrare due importanti risultati scientifici, quello sulle vasculiti di giugno e questo sulle trombosi, che ci consentono di conoscere meglio questa terribile malattia e che hanno grandi ripercussioni terapeutiche. Risultati che sono frutto della decisiva collaborazione con UNIMORE e con l’Azienda USL e che, quindi, dimostrano ancora una volta l’ottimo funzionamento della rete provinciale”.

“Siamo orgogliosi di questi risultati scientifici del gruppo multidisciplinare dell’AOU e dell’AUSL di Modena e del nostro Ateneo – ha commentato il Rettore Unimore, professor Carlo Adolfo Porro – che permettono di approfondire i meccanismi alla base di alcune gravi conseguenze dell’infezione da SARS-CoV-2. L’impegno corale di tanti gruppi di ricerca pone la nostra realtà tra quelle più dinamiche nella lotta contro il virus a livello nazionale e internazionale. Sono anche lieto di sottolineare, nell’ambito di questa grande orchestra scientifica e assistenziale, il contributo del Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti, un fiore all’occhiello nel supporto alla ricerca interdisciplinare”.

“Il nostro studio – spiega il dottor Luca Roncati – ha esaminato i tessuti polmonari, il sangue ed il midollo osseo di quattro pazienti affetti dalla forma più grave di COVID-19, tre dei quali purtroppo deceduti. Ci siamo quindi resi conto che, in questi pazienti, il tessuto polmonare è denso di megacariociti, cioè le cellule che producono piastrine e che di solito hanno basse concentrazioni nei polmoni, ed in particolare abbiamo notato un incremento nel numero dei residui nucleari di megacariociti, ovvero ciò che resta dei megacariociti quando hanno consumato il loro citoplasma per produrre piastrine. Questa eccessiva densità, unitamente al rilascio di piastrine neoprodotte, provoca ipercoagulabilità e rischi di immunotrombosi anomala che compromettono gli scambi gassosi a livello polmonare, già resi difficoltosi dalla polmonite interstiziale e dal conseguente danno alveolare diffuso. Abbiamo inoltre rilevato che questo significativo incremento dei residui nucleari di megacariociti si verifica anche nel midollo osseo”. Lo studio ha potuto associare l’elevata concentrazione dei megacariociti polmonari agli alti livelli sistemici di interleuchina 6, che circola in eccesso nel sangue dei pazienti affetti dalle forme più gravi di COVID-19 e che, oltre ad agire sulla tempesta infiammatoria, stimola la sintesi dei megacariociti stessi (la cosiddetta megacariocitopoiesi). “Il nostro studio – aggiunge Roncati – dimostra che un utilizzo ponderato di anticoagulanti tipo l’eparina e di farmaci in grado di inibire l’interleuchina 6, oppure il suo recettore, come il ben noto tocilizumab, possono essere ottimi approcci terapeutici, da impiegare con cautela visto i possibili effetti collaterali di un farmaco immunosoppressore quale il tocilizumab appunto. Aver identificato il meccanismo patogenetico di attivazione delle microtrombosi polmonari e la molecola chiave di questa attivazione, cioè l’interleuchina 6 – continua Roncati – offre il vantaggio terapeutico di avere a disposizione un bersaglio molecolare da poter sfruttare anche per ridurre in maniera concreta la mortalità da cause vascolari in corso di COVID-19 severo, tra le principali cause dei decessi correlati alla malattia”.

“Non appena la pandemia ha coinvolto il nostro Paese conclude Roncati – siamo stati in grado di riconvertire le nostre linee di ricerca incentrandole su COVID-19. A distanza di tre mesi e di sei mesi dall’annuncio del lockdown, abbiamo prima identificato le basi immunologiche della vasculite da SARS-CoV-2 e poi scoperto il meccanismo patogenetico di attivazione delle microtrombosi polmonari, acquisizioni importanti che ci permettono di affermare che ora la malattia è più conosciuta e può essere trattata sulla base di forti evidenze scientifiche”.

Il meccanismo patogenetico è stato individuato grazie al contributo fondamentale della dottoressa Ligabue che ha saputo veicolare il fascio di elettroni sui megacariociti polmonari e del midollo osseo, sfruttando al meglio le potenzialità del microscopio elettronico a scansione Nova NanoSEM 450 del Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti di UNIMORE, riuscendo così ad orientare i quadri istologici, acquisiti in microscopia ottica nello spettro di luce visibile, per le indagini ultrastrutturali di microscopia elettronica a pressione variabile in scala di grigi ed in campo oscuro.

Il dottor Gennari, infine, ha applicato ai tessuti da studiare la tecnologia della reazione inversa a catena della polimerasi, che si utilizza per valutare e quantificare la positività o meno dei pazienti al SARS-CoV-2, consentendo di confermare come l’elevata concentrazione dei megacariociti polmonari sia collegata alla tempesta infiammatoria che si instaura in corso di gravi infezioni da SARS-CoV-2.

Un ringraziamento particolare al Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti di UNIMORE. Oltre alla dottoressa Ligabue, al dottor Gennari, al dottor Trenti ed al professor Maiorana, hanno partecipato allo studio: dottor Vincenzo Nasillo (Emolinfopatologia), dottoressa Beatrice Lusenti (Emolinfopatologia), dottor Luca Fabbiani (Anatomia Patologica), dottoressa Claudia Malagoli (Anatomia Patologica), dottoressa Graziana Gallo (Anatomia Patologica), dottoressa Silvia Giovanella (Nefropatologia), dottor Massimo Lupi (Anatomia Patologica), dottoressa Tiziana Salviato (Anatomia Patologica), dottoressa Ambra Paolini (Emolinfopatologia) e dottor Matteo Costantini (Anatomia Patologica).

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