Nella città metropolitana di Bologna, la sospensione delle attività dal 12 marzo al 4 maggio ha coinvolto in media il 47% delle imprese attive (quasi 35.000) ed il 35% degli addetti (oltre 130.000).
Sono alcuni dei dati contenuti nel Rapporto sull’economia bolognese durante il lockdown della scorsa primavera pubblicati sul sito I numeri di Bologna metropolitana ed elaborati dal Servizio Studi e statistica di Palazzo Malvezzi.
Tra le attività “sospese” il 71,3% (24.912 imprese) ha riguardato i Servizi (dai quali, ricordiamo, sono escluse la Pubblica Amministrazione e la Difesa, l’Istruzione e i Servizi sanitari e sociali – ATECO lettere O, P, Q) e il 28,7% (10.034) il settore dell’Industria (comprese le Costruzioni).
Gli addetti nelle attività “sospese” erano invece impiegati per il 57,9% nei Servizi (75.691 addetti) e per il 42% nell’Industria (54.924 addetti).
La maggiore incidenza media sul settore dei Servizi si deve soprattutto alla maggior durata della sospensione, che ha interessato a partire dal primo periodo di lockdown la quasi totalità dei Servizi di Alloggio e ristorazione, gran parte del Commercio al dettaglio (esclusi i generi alimentari), e degli Altri servizi alla persona (tra i quali sono rimasti “aperti” solo le lavanderie e i servizi funebri).
Nella città metropolitana di Bologna, che negli ultimi anni oltre al ruolo consolidato di polo terziario ha visto crescere la propria attrattività anche come meta turistica, il lockdown ha colpito in netta prevalenza i settori dell’alloggio e ristorazione (sospeso fino al 96% delle imprese), dei Servizi alla persona (circa l’88%), e del Commercio (dal 20% del primo periodo al 67% dei periodi successivi), seguiti dagli Altri servizi – il 68% circa dei quali è rappresentato a Bologna dalle Attività immobiliari, la cui sospensione totale, dal secondo periodo, ha contribuito al blocco del mercato immobiliare, in termini di vendite come di affitti, fino al 4 maggio.
Il confronto in termini di numero di addetti mostra come il settore “sospeso” più pesante in termini numerici sia l’Industria in senso stretto, seguito a notevole distanza dal Commercio, dall’Alloggio e ristorazione e dagli Altri servizi, mentre il settore Costruzioni, che rappresentava il 18% delle imprese “sospese”, rappresenta solo l’8% degli addetti.
Il lockdown ha insistito su settori che manifestavano già in tempi pre-Covid, segnali di fragilità, come il Commercio, che vede da diversi anni una contrazione continua del numero delle imprese, o come l’Alloggio e Ristorazione, che, dopo alcuni anni di crescita tumultuosa, sembra affrontare già nel 2019 una fase di rallentamento.
Il lavoro
A livello metropolitano, in valore assoluto, tra marzo e maggio sono state perse 6,4 mila posizioni di lavoro dipendente, calo determinato in gran parte nei mesi di marzo e aprile, quando le posizioni dipendenti si sono ridotte rispettivamente di 2,5 mila e 2,8 mila unità, mentre in maggio il saldo è stato di -1,2mila unità (Dati: Agenzia regionale per il lavoro).
Da marzo a maggio, la perdita di posizioni dipendenti si è concentrata nel Commercio e nell’Alloggio e ristorazione (-3 mila unità) e nelle Altre attività dei servizi (-1,2 mila).
L’Industria in senso stretto ha accusato una perdita pari a -1,2 mila posizioni, mentre sono più contenuti i saldi negativi in Agricoltura (settore che è stato investito marginalmente dalla sospensione) e nelle Costruzioni.
La CIG
La crescita del numero di cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato è stata contrastata, a partire dal mese di marzo, dal massiccio ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG), con un notevole aumento degli interventi ordinari, cui si sono aggiunti quelli in deroga con causale Covid.
Il totale delle ore autorizzate complessivamente nei mesi da gennaio a maggio è stato di oltre 34,5 milioni, ben oltre il picco storico di 26,9 milioni di ore registrate nel 2010.
In termini percentuali, le ore autorizzate sono per la quasi totalità in gestione ordinaria nei settori dell’Industria in senso stretto (92,2%) e delle Costruzioni (98%), mentre ricadono nella gestione in deroga “causale COVID 19” per una quota analoga nei settori aggregati del Commercio e dell’Alloggio e ristorazione, che si mostrano evidentemente per buona parte “scoperti” dalla forma ordinaria d’integrazione salariale e costretti a ricorrere alla deroga per oltre il 93% delle ore autorizzate.
Analizzando i dati forniti dall’Agenzia regionale per il lavoro, che ha gestito le domande di CIG in deroga per conto dell’INPS fino al 28 maggio 2020, si può stilare un primo profilo del beneficiario-tipo: donna, italiana, giovane adulta, che abita fuori Bologna, più spesso un’impiegata, ma anche un’operaia, occupata in una piccola o piccolissima impresa commerciale o turistica, magari a conduzione familiare o quasi familiare.
L’ammortizzatore sociale può, rispetto a questo “tipo” di beneficiario, aver funzionato anche come supporto allo svolgimento dei carichi familiari, nello stesso periodo aggravati dalla chiusura delle scuole, tradizionalmente (ma non ragionevolmente) attribuiti alle donne.
Avvertenze
La stima dell’incidenza del lockdown sul sistema produttivo bolognese, riferita al periodo dal 12 marzo al 4 maggio 2020, è stata effettuata a partire dalla consistenza delle imprese attive e degli addetti delle localizzazioni di imprese attive nel IV Trimestre 2019, articolati per Settore, Divisione, Classe e Sottocategoria di Attività (ATECO 6° cifra, Fonte dei dati: Infocamere), ed ha considerato i valori medi tra i 3 periodi considerati: dal 12 al 23 marzo (DPCM 11 marzo), dal 23 marzo al 14 aprile (DPCM 22 marzo e relative proroghe), dal 14 aprile al 4 maggio (DPCM 10 aprile).
La stima del numero delle imprese attive esercitanti attività “sospese” e dei relativi addetti si intende al netto di eventuali autorizzazioni speciali all’apertura o deroghe concesse dalla Prefettura o da altre autorità, e si basa esclusivamente sulla corrispondenza con i codici ATECO di fonte normativa.
Si deve precisare che i dati relativi agli addetti, calcolati a partire dai dati INPS, non hanno alcun riferimento con il livello di occupazione.
La stima inoltre non ha preso in considerazione il Settore Agricoltura, silvicoltura e pesca, e, nell’ambito del Settore Servizi, i settori Pubblica amministrazione e Difesa, Istruzione, Assistenza sanitaria e sociale (ATECO lettere O, P, Q).