In Italia l’emergenza smog resta un problema cronico. Il 2021 è stato un anno nero, non solo per via della pandemia ancora in corso, ma anche e soprattutto per la qualità dell’aria. Su 102 capoluoghi di provincia analizzati, nessuno è riuscito a rispettare tutti e tre i valori limite suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ossia una media annuale di 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, una media di 5 μg/mc per il PM2,5 e 10 μg/mc per l’N02.
In particolare, ben 17 sono le città italiane con i valori più alti di polveri sottili, ovvero che superano i valori OMS per più del doppio, e fra queste figura anche Modena, che nel 2021 ha registrato una media annuale di PM10 pari a 31 µg/mc. 11 quelle più inquinate da PM2,5 che superano di oltre 4 volte i valori OMS, fra queste anche Piacenza con una media annuale di 21 µg/mc (contro un valore OMS di 5 µg/mc) e ben 13 le città italiane più inquinate da biossido di azoto – NO2 – ovvero che superano il limite per più di tre volte, con Modena che primeggia in regione con i suoi 30 µg/mc contro un valore OMS di 10 µg/mc.
A scattare la fotografia è il nostro nuovo report “Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities”, realizzato nell’ambito della campagna Clean Cities, in cui si fa il bilancio sulla qualità dell’aria in città confrontando il valore medio annuale di PM10, PM2,5 e NO2 con i parametri suggeriti dall’OMS, che tra pochi anni saranno vincolanti. Il quadro che emerge è nel complesso preoccupante e lo è ancora di più in Emilia-Romagna, dove nessuna provincia rispetta i valori suggeriti dall’Oms per tutti e tre gli inquinanti.
Di fronte a questa fotografia, ribadiamo l’urgenza di ripensare e ridisegnare in prima battuta le aree metropolitane, gli spazi pubblici urbani e la mobilità sostenibile, sempre più intermodale, in condivisione ed elettrica. Per questo da oggi fino ai primi di marzo prenderà il via anche la seconda edizione della Campagna Clean Cities che dal 3 febbraio al 3 marzo toccherà 17 capoluoghi italiani, con una tappa prevista a Bologna il 16-17 febbraio. Iniziative di piazza, flash mob, presidi, attività di bike to school, e confronti con amministratori e stakeholders per portare all’attenzione temi quali: il risanamento della qualità dell’aria, la mobilità sostenibile, trasporto pubblico elettrico, strade scolastiche, zone a zero emissione, adozione e l’implementazione dei PUMS e programmi di investimento.
Distanze da colmare e dati – Tornando al report, abbiamo indicato allo stesso tempo quali sono le distanze da colmare per avere città meno inquinate. Per il PM10 le città italiane dovranno ridurre le concentrazioni mediamente del 33% per poter rientrare nei prossimi anni nei limiti più stringenti dell’OMS.
Fra le città emiliano-romagnole più distanti dall’obiettivo ritroviamo Modena (31 µg/mc), che dovrà ridurre le concentrazioni di oltre il 50%. Situazioni difficili e obiettivo lontano anche per Piacenza e Reggio Emilia con 30 µg/mc (vedi grafici allegati).
Sicuramente l’anno appena iniziato non promette bene, dato che dal 13 gennaio tutte le province emiliane, e dal 18 gennaio tutta la regione, si sono viste costrette ad applicare le misure emergenziali previste per lo sforamento dei limiti delle PM10; misure che sono terminate solo il 1 Febbraio, grazie alle previsioni di vento forte. Alcune città capoluogo tra cui Modena, Reggio Emilia e Piacenza registrano ad oggi già più di 20 giorni di sforamenti, quando il limite previsto dalle normative europee è di 35 giorni nell’arco di un intero anno.
Per il PM2,5, invece, la parte più fina delle polveri sottili e quella che desta maggiori preoccupazioni dal punto di vista della salute, l’obiettivo di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è del 61%. Le criticità maggiori in regione si presentano a Piacenza (21 µg/mc contro un valore OMS di 5 µg/mc) che dovrà ridurre le sue concentrazioni per più del 75%. Infine, per l’NO2 la riduzione dovrà essere consistente per tutte le province emiliano-romagnole, con le criticità maggiori registrate ancora una volta a Modena (media annuale 30 µg/mc contro un valore OMS di 10 µg/mc) che dovrà ridurre le concentrazioni del 67%.
Una situazione complessa, che richiede soluzioni altrettanto complesse: in quest’ottica è importante agire su più fronti e quindi simultaneamente sui diversi settori interessati. Ad esempio, l’agricoltura spesso è dimenticata, ma anch’essa contribuisce in maniera determinante sulla qualità dell’aria. In particolare gli allevamenti intensivi, insieme all’utilizzo delle deiezioni, secondo ISPRA contribuiscono per il 94% delle emissioni di ammoniaca: inquinante primario precursore del particolato. Un problema che non può più essere ignorato, ma che va regimentato con politiche dirette volte a limitare la dispersione di questo inquinante, ma anche limitando l’ulteriore intensivizzazione degli allevamenti in Pianura Padana.
È evidente che le misure messe in campo fino a qui dal PAIR (Piano Aria Integrato Regionale) non sono sufficientemente valide e che sarà necessario nel nuovo piano individuare strumenti che ne monitorino costantemente l’efficacia e che prevedano un adeguamento delle misure in base ai risultati ottenuti. Riteniamo fondamentale un lavoro in sinergia con gli assessorati alla mobilità, all’energia e all’agricoltura, affinché ci sia coerenza negli obiettivi e nelle strategie di attuazione. Ricordiamo anche che lo smog ha pesanti effetti sulla salute e sono ben nove le città dell’Emilia-Romagna presenti tra le prime 100 nella classifica europea sul tasso di mortalità da polveri sottili. Non è quindi solo un tema ambientale, ma anche sanitario con cui dobbiamo fare i conti.