Stefano Lugli (foto Ufficio stampa Parco nazionale Appennino tosco-emiliano)

Ora che i gessi triassici della valle del Secchia sono candidati a essere patrimonio mondiale dell’umanità, si accendono i riflettori su questo scorcio unico d’Appennino, ma anche su quelli messiniani più a valle che potrebbero avere valore internazionale. “È giunto il momento di mettere a fuoco le scoperte scientifiche, dei lavori di recupero ambientale, oltre alla candidatura a sito world heritage Unesco delle Fonti di Poiano e dei Gessi Triassici, insieme ad altre aree carsiche della regione” commenta Fausto Giovanelli presidente del Parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano che venerdì 6 maggio ospiterà una tavola rotonda alle Fonti di Poiano con esperti del settore.

“Il progetto Life Gypsum, svolto dal 2010 al 2016 e fondamentale per la candidatura, mette in luce l’unicità della catena appenninica con grotte, sorgenti saline e fenomeni carsici gessosi di importanza scientifica internazionale”.
“Un patrimonio di natura geologica attraverso il quale si può tracciare la straordinaria evoluzione della Terra – aggiunge Stefano Lugli è docente di geologia al Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia che ha redatto la sezione di geologia del dossier di candidatura del ‘Carsismo nelle Evaporiti e grotte dell’Appennino settentrionale’ a Patrimonio mondiale ambientale dell’Umanità UNESCO”.

“Curare la parte geologica della candidatura – spiega Lugli – ha richiesto anni di lavoro per raccogliere i dati e riuscire a trasmettere in linguaggio rigoroso, ma accessibile le straordinarie meraviglie dei nostri gessi. Unesco ha fatto notare come non esistano siti carsici evaporitici nella lista del patrimonio mondiale. E i nostri gessi presentano diversi primati mondiali: si tratta del sito carsico più studiato al modo con caratteristiche geologiche uniche, tra cui annoveriamo la grotta in gesso più profonda al mondo, le anse ipogee e le sorgenti salate con la portata maggiore d’Europa”.

Lo scontro tra zona africana e europea ha creato somiglianze con i marmi delle apuane: come è possibile?                                                                                                         “I Gessi triassici della val Secchia durante la loro storia geologica, che parte da oltre 200 milioni di anni fa, sono stati sepolti a diversi chilometri di profondità e hanno quindi sfiorato le condizioni di temperatura e pressione che hanno subito i marmi delle Apuane. Parliamo di alcune centinaia di gradi di temperatura e i Gessi triassici sono quindi a tutti gli effetti rocce metamorfiche come i marmi apuani”.

Ancora oggi è possibile rinvenire organismi marini intrappolati nei gessi?
“I gessi messiniani del margine appenninico, anch’essi parte della candidatura ma più ‘giovani’ dei Gessi triassici perché formati ‘solo’ poco meno di 6 milioni di anni fa, hanno invece subito solo in parte le complesse vicissitudini geologiche legate allo scontro tra la zolla africana e quella europea. I grandi cristalli di gesso si accrescevano sul fondo del mare di antiche lagune salate e hanno intrappolato alcuni organismi, quali batteri e alghe. Possiamo quindi studiare questi resti perché i cristalli dei gessi messiniani non sono stati sottoposti ad alte temperature e pressioni come invece i Gessi triassici”.

Che importanza ha tutto questo?
“I gessi messiniani del margine appenninico – ad esempio quelli che si trovano anche nella Riserva di Biosfera Mab nei comuni di Albinea, Scandiano e Vezzano – hanno intrappolato alcuni filamenti di batteri dei quali è stato possibile studiare il DNA. Sono quindi rocce importanti perché permettono di conservare tracce di vita per milioni di anni. Siccome sappiamo che su Marte esistono i gessi, così come sul nostro pianeta, queste rocce rappresentano un obiettivo per le missioni dei rover che analizzano la superficie per cercare di stabilire se in passato la vita fosse presente anche sul pianeta rosso. I nostri gessi sono quindi un esempio fondamentale per cercare capire cosa potrebbe essere successo su Marte”.

In quale senso questi sono importanti con le pietre di rientro da Marte? E chi effettuerà questa comparazione? Quando avverrà questo?
“Le future missioni su Marte non si limiteranno ad analizzare le rocce con gli strumenti di bordo ma piccoli campioni saranno inviati sulla Terra per essere analizzati. NASA e ESA stanno lavorando al progetto e i primi rientri sono programmati per gli inizi-metà degli anni 2030”.

Potrebbe, infine, essere riscritta la stori delle fonti di Poiano che si credeva originassero dai torrenti Lucola e Sologono. Come avete fatto questa scoperta?
“Il collega Francesco Ronchetti ha analizzato gli isotopi di ossigeno e idrogeno presenti naturalmente nelle acque e le portate dei corsi d’acqua e delle sorgenti di tutta l’area dei gessi triassici. I risultati indicano che le acque delle sorgenti di Poiano derivano in misura maggiore dal fiume Secchia e non dai torrenti Lucola e Sologno come ritenuto fino ad oggi. Nel convegno di venerdì presenteremo i risultati di questo studio”.

L’iniziativa di presentazione si terrà venerdì 6 maggio, con inizio alle ore 9:30. Il programma prevede appunto la presentazione, da parte di esperti del settore, delle recenti scoperte scientifiche sulle Fonti di Poiano e dei Gessi Triassici, insieme ad altre aree carsiche della regione.
Le dissertazioni degli esperti saranno moderate da Alessandra Curotti, del Parco nazionale, e Riccardo Giusti, dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna. Interverranno tra gli altri: Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi Emilia Romagna, Elio Ivo Sassi sindaco del Comune di Villa Minozzo, Fausto Giovanelli, presidente del Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano e Coordinatore della Riserva di Biosfera, Stefano Lugli e Francesco Ronchetti docenti dell’Università di Modena e Reggio, Stefano Segadelli del Servizio geologico della Regione Emilia Romagna, Massimo Ercolani, presidente della Federazione speleologica regionale, William Morelli, botanico, Silvia Messori, Servizio Parchi della Regione Emilia-Romagna.
La seconda parte della giornata prevede un’escursione sul campo della durata di 2h30m. Si tratta di un evento a numero chiuso: per informazioni e iscrizione contattare l’ordine dei geologi Emilia – Romagna www.geologiemiliaromagna.it; o iscrizione tramite mail a info@geologiemiliaromagna.it

ALTRE SCOPERTE – “Qui la grotta più profonda al mondo dei gessi triassici. E quelle anse ipogee uniche”
“I gessi triassici hanno subito una tormentata storia geologica durante il sollevamento della catena appenninica – spiega il ricercatore Lugli -. Sepolti a grande profondità e sottoposti ad elevate temperature e si sono deformati. Gli strati sono stati scompaginati dalle enormi pressioni che hanno subito e oggi i versanti tendono a franare. Anche le grotte che si formano per dissoluzione del gesso evolvono prevalentemente per crollo oltre che per carsismo. Nuove grotte si aprono e vecchie grotte si chiudono con una rapidità mai registrata in altre zone del mondo. Il sistema di Monte Caldina in val Secchia, con i suoi 265 m di dislivello, rappresenta la grotta più profonda al mondo nei gessi. Le grotte in calcare possono essere molto più profonde, fino ad oltre due chilometri, ma non esiste grotta in gesso più profonda di questa al mondo”.
Perché sono particolari le anse ipogee?
“Nel sottosuolo della val Secchia prevale l’anidrite che in superficie non è stabile e si idrata trasformandosi in gesso. Il fenomeno avviene con aumento di volume e contribuisce a scompaginare ulteriormente le rocce. I torrenti che vengono inghiottiti nelle montagne non riescono quindi ad attraversare il nucleo delle montagne, ma sono costretti a compiere un percorso nella fascia esterna dei rilievi, dove prevale il gesso e non l’anidrite, che è meno solubile. Questo percorso curvo è chiamato ‘ansa ipogea’ ed è presente soltanto qui, non esiste in nessuna altra area carsica del mondo”.

 

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