Si è aperta anche a Reggio Emilia la campagna di raccolta del pomodoro da industria dei primi trapianti delle varietà precoci e – secondo la Coldiretti reggiana – si stima con una resa discreta e con una qualità, stabilita in gradi brix, medio alta.
Per quest’annata la qualità della produzione – commenta la Coldiretti reggiana – è ottima e la quantità è discreta anche grazie alla professionalità degli imprenditori agricoli nel confrontare la forte siccità di questa stagione.
Sono circa 1000 gli ettari coltivati a pomodoro da industria a Reggio Emilia e di questi l’80% ricade nel comprensorio Guastalla/Gualtieri/Cadelbosco Sopra.
L’Emilia Romagna rappresenta, con i suoi 25.200 ettari, il 36% della superficie nazionale con una produzione, stimata da Coldiretti, in calo dell’11% raggiungendo circa 1,4 milioni di tonnellata in regione.
«L’andamento siccitoso ha rischiato di compromettere la coltivazione ad inizio della fase di allegagione del pomodoro, cioè nel momento delicato in cui il fiore diventa bacca – commenta il direttore di Coldiretti Reggio Emilia Alessandro Corchia. Fortunatamente nelle zone lungo Po la disponibilità dell’acqua, seppur contingentata e a costi elevati, ha permesso l’arrivo a maturazione delle prime varietà confermando una resa discreta e una buona qualità del prodotto».
«L’alta professionalità degli imprenditori – continua Corchia – garantisce un’eccellente gestione del prodotto sia in fase di coltivazione che di raccolta. Questo è motivo di garanzia per i consumatori che possono contare sul un prodotto made in Italy, qualitativamente elevato nonostante le difficoltà generate dall’esplosione dei costi di produzione, sulla scia delle speculazioni internazionali, dagli effetti del conflitto in corso e delle tensioni internazionali sulle materie prime. Le aziende agricole – continua Corchia – stanno lottando, su tutti i fronti, contro aumenti che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio».
«Il pomodoro e i suoi trasformati sono trainati in tutto il mondo dal successo della dieta mediterranea – precisa il direttore Alessandro Corchia – ma è una produzione minacciata, come molte altre, dall’esplosione dei costi di produzione ed energetici. Si pensi solo al +30% del vetro rispetto allo scorso anno al quale si aggiunge il +25% del trasporto su gomma. Uno scenario drammatico – spiega Corchia – in cui si paga più la bottiglia che il pomodoro in essa contenuto».
Una situazione in linea in realtà con molti altri prodotti poiché in media per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea.
Serve responsabilità -conclude il direttore reggiano Corchia – , da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore contro le pratiche sleali e la necessità di risorse per sostenere il settore in un momento di emergenza, fra guerra e siccità».