Gli esperti della Medicina della Riproduzione si sono riuniti a Modena per la 5° edizione del meeting “Hot Topics in Medicina della Riproduzione” che ogni due anni porta nella nostra città medici impegnanti nel campo della fertilità ed infertilità umana. Da dieci anni l’evento viene guidato dal prof. Antonio La Marca e dal dottor Simone Giulini, dell’Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, diretta dal prof. Fabio Facchinetti.
L’evento, patrocinato dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria e dall’Ordine dei Medici e Chirurgi della provincia di Modena, ha l’obiettivo di aggiornare i professionisti del settore sul tema della diagnostica della funzione degli apparati riproduttivi femminile e maschile e di illustrare l’efficacia terapeutica delle più avanzate strategie mediche e chirurgiche per il ripristino della fertilità.
“Si definisce come infertilità, l’incapacità di procreare dopo 12 mesi di rapporti liberi e non protetti, e questo problema colpisce sino al 20 della popolazione adulta – ha spiegato il prof. Antonio La Marca, Responsabile coordinatore del programma di Preservazione della Fertilità e docente UNIMORE – Dal momento poi che la fertilità è fortemente condizionata dall’età dei soggetti, soprattutto della donna, è chiaro che l’incidenza sarà diversa nelle varie fasce di età. Nelle donne over 40, l’infertilità può raggiungere valori anche del 50% se non di più. Le cause dell’infertilità sono molteplici ed egualmente distribuite tra donna e uomo. Per le donne le cause più rilevanti sono i problemi ovarici, problemi alle tube, come la stenosi delle tube e le infezioni tubariche, problemi uterini, come i fibromi, le malformazioni, l’adenomiosi e l’endometriosi. Negli ultimi anni poi, è aumentata l’incidenza della ridotta riserva ovarica che fisiologicamente si verifica con l’avanzare dell’età, ma può in molte donne comparire precocemente, anche in età giovanile, per cause ancora de determinarsi ma che verosimilmente hanno nella genetica la risposta più probabile. Per quel che riguarda l’uomo le principali cause di infertilità sono da ricercarsi nel varicocele, infezioni, traumi testicolari, fattori ormonali, e non c’è da trascurare inoltre il ruolo negativo di inquinamento o esposizione a sostanze chimiche e tossiche”.
La corretta diagnosi di infertilità consente un approccio terapeutico che può spaziare dall’impiego di farmaci (ad esempio ormoni in caso di anovulazione – la difficoltà di rilasciare ovuli – nella donna o di bassa produzione di spermatozoi nell’uomo) alla proposta di chirurgia conservativa (ad esempio nel caso di fibromi per la donna o di azoospermia ostruttiva nel caso degli uomini), o ancora vere e proprie tecniche di procreazione medicalmente assistita che si dividono in procedure di I e II livello. L’equipe di Medicina della Riproduzione del Policlinico, costituita da medici, embriologi ed ostetriche è cresciuta nel corso degli anni e si è anche arricchita di figure dedicate specificatamente alla ricerca di base.
“La Tecnica di I livello – precisa il dottor Simone Giulini, Responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente assistita del Policlinico – è l’inseminazione Intrauterina (IUI). Il ciclo di trattamento dell’IUI prevede l’induzione farmacologica dell’ovulazione, il monitoraggio ecografico e quindi l’esecuzione della procedura nel momento dell’ovulazione. La procedura, del tutto ambulatoriale, prevede la deposizione del liquido seminale, preparato in laboratorio in cavità uterina. Il concepimento avviene quindi in modo naturale, gli spermatozoi deposti in cavità uterina devono percorrere la tuba dove incontrano l’ovocita che la tuba ha “prelevato” dall’ovaio durante l’ovulazione. All’interno della tuba deve avvenire la fecondazione dell’ovocita da parte di uno spermatozoo, dovrà svilupparsi l’embrione che trasportato dalla tuba dovrà raggiungere la cavità uterina per l’eventuale impianto per l’instaurarsi della gravidanza. Tale procedura e del tutto indolore e non prevede alcuna anestesia. La Tecnica di II livello è la Fecondazione in Vitro (FIVET e ICSI). La Fecondazione in Vitro è una tecnica in cui la fecondazione dell’ovulo avviene in laboratorio, cioè extracorporea. Nella FIVET, la fecondazione in vitro dell’ovulo da parte dello spermatozoo avviene naturalmente ponendo gli spermatozoi a contatto con l’ovocita. Nella ICSI (Iniezione Intracitoplasmatica dello Spermatozoo) l’inserimento dello spermatozoo nell’ovulo avviene tramite una procedura di laboratorio. Il ciclo di trattamento della Fecondazione in Vitro prevede l’induzione farmacologica della crescita follicolare multipla, il monitoraggio ecografico, il prelievo di ovociti (pick-up) dalle ovaie, la fecondazione in vitro degli ovuli (FIVET o ICSI) e il successivo trasferimento in utero dell’embrione. Il prelievo di ovociti è un intervento (ambulatoriale) eseguito in sedazione che prevede l’aspirazione dei follicoli ovarici per via ecoguidata transvaginale. Si esegue quindi la fase di laboratorio con l’esecuzione della FIVET o ICSI per la fecondazione degli ovociti, la coltura degli embrioni negli incubatori per circa 3-5 giorni e quindi il trasferimento in utero dell’embrione (ET). Il trasferimento in utero dell’embrione prevede la deposizione dello stesso in cavità uterina per l’eventuale impianto per l’instaurarsi della gravidanza. Ricordiamo che le tecniche di PMA possono essere anche di tipo eterologo, cioè eseguite con donazione di gameti (ovociti e spermatozoi) di donatori anonimi”.
Nel 2019 in Italia sono stati eseguiti in totale 99.062 cicli (totale del I e II livello), mentre nel 2020, per via dell’emergenza della pandemia, i cicli si sono ridotti del 20%. Al Policlinico nel 2019 sono stati eseguito 618 cicli mentre nel 2020 è stato registrato lo stesso calo percentuale riportato in Italia ed in tutta Europa per via del Covid. Nel corso del 2022 l’attività è tornata a pieno regime. Nel 2019 il 3.4% del totale dei bambini nati in Italia lo deve alle tecniche di procreazione assistita.
“I nostri risultati sono soddisfacenti – ha concluso il prof. La Marca – se guardiamo alle coppie dove la donna è under 35, allora il tasso di gravidanza clinica cumulativa si attesta intorno al 60%. Il tasso cumulativo di gravidanza si riferisce alla possibilità di ottenere la gravidanza al termine dei trasferimenti in utero degli embrioni ottenuti dopo un unico ciclo di stimolazione ovarica. Per capire quanto sia sostanzioso questo valore bisogna pensare che nella popolazione fertile, il 60 % di possibilità di gravidanza lo si raggiunge solo dopo 6 mesi di rapporti mirati e bisogna infine considerare che la fertilità umana non raggiunge mai il 100%, ma si attesta al massimo intorno al 80-90%”.
Il Convegno è l’occasione per illustrare le ultime ricerche cliniche in tema di stimolazione ovarica e sulla diagnostica ecografica dell’infertilità femminile. Verranno resi noti i primi risultati dell’utilizzo di una nuova apparecchiatura, la Microfluidica, in dotazione al nostro laboratorio diretto dalla dott.ssa Daniela Tagliasacchi coadiuvata dalla dott.ssa Tiziana Marsella e dalla dottoressa Susanna Xella. Si tratta di un dispositivo di selezione degli spermatozoi che, è in grado di selezionare gli spermatozoi con una migliore motilità e morfologia, tassi di frammentazione del DNA spermatico più bassi e specie reattive dell’ossigeno inferiori rispetto ad altri metodi tradizionali. Questa tecnica imita l’ambiente del tratto genitale femminile dove, in vivo, avviene la selezione degli spermatozoi di migliore qualità per raggiungere l’ovocita. Ci sono promettenti risultati di alcune culture di embrioni con nuove tecniche. Da segnalare una recente pubblicazione relativa alla diagnosi e al trattamento dell’endometrite cronica (infezione cronica asintomatica della mucosa interna dell’utero) che può associarsi a ripetuti fallimenti di impianto dell’embrione nei cicli di Fecondazione in Vitro. I criteri di diagnosi e la terapia per tale patologia sono ancora oggi oggetto di dibattito scientifico. I nostri dati apportano un significativo contributo per effettuare una corretta diagnosi e quindi un efficace terapia che ha portato a migliorare i tassi di successo in queste pazienti che hanno normalmente una prognosi più bassa.