Un clamoroso precedente che potrebbe incrinare l’equilibrio del mercato unico Europeo, ripercuotendosi negativamente sul settore vitivinicolo italiano, punta di diamante dell’export agroalimentare del nostro Paese. La decisione della Commissione Europea di non opporsi allo schema di regolamento dell’Irlanda sull’etichettatura delle bevande alcoliche – tra cui il vino – preoccupa anche Confagricoltura Bologna, che vanta diverse cantine di rilievo tra i propri associati.
Nella giornata di oggi il governo irlandese ha inoltre notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMS) le norme tecniche sull’etichettatura “salutista” degli alcolici, decisione che se approvata potrebbe costituire un’importante barriera tecnica al commercio.
Il progetto di regolamento dell’Irlanda, ricordiamo, introduce l’obbligo di riportare messaggi sanitari relativi al cancro, alle malattie del fegato, alle donne in gravidanza nell’etichettatura e presentazione di tutti gli alcolici, compresi i vini, immessi nel mercato irlandese.
“La decisione della Commissione di non contrastare le misure introdotte dalla normativa irlandese è un atto molto grave – spiega Marco Caliceti, vice-presidente di Confagricoltura Bologna– in quanto dà l’opportunità a ogni singolo Paese di intraprendere iniziative nazionali unilaterali, creando un potenziale ostacolo al funzionamento del mercato unico. Le aziende che esportano rischiano infatti di essere fortemente colpite dalle varie interpretazioni che i singoli Stati possono dare e di vedere così ridotte le loro possibilità di guadagno. Questo sistema di etichettatura è poi penalizzante e fuorviante per il consumatore”.
“Non si può che definire questa decisione come un grande errore – aggiunge Francesco Cavazza Isolani, presidente del Consorzio Vini Colli Bolognesi – Il vino è uno dei pilastri della Dieta Mediterranea, riconosciuto per la sua salubrità come patrimonio mondiale da promuovere e valorizzare. E’ l’abuso di alcol e non il consumo moderato ad essere pericoloso per l’organismo: è una sciocchezza mettere sullo stesso piano il vino ed altre sostanze che possono causare tumori o altre gravi malattie. Non lo diciamo noi, ma la ricerca scientifica: sono numerosi gli studi che mettono ad esempio in evidenza il ruolo positivo sulla salute dei polifenoli contenuti nel vino”.
Messaggi allarmistici in etichetta potrebbero poi avere ripercussioni negative sulle vendite di vino all’estero, mentre per le cantine ci sarà un incremento dei costi, vista l’etichettatura ad hoc che si dovrebbe predisporre solo per il mercato irlandese.
“Inutile nasconderlo: abbiamo paura che questa interpretazione possa presto espandersi a macchia d’olio in altri Paesi strategici per l’export – commenta Fabio Bottonelli, contitolare di una cantina di Zola Predosa – Nel nostro caso in passato è capitato di dovere aggiungere qualche descrizione specifica sul consumo di vino, mi riferisco ad esempio agli USA o in Oriente, ma parliamo di raccomandazioni di buonsenso, come sconsigliarlo alle donne incinte o alle persone che devono guidare. Inserire avvisi ancora più forti e violenti danno un messaggio culturale sbagliato e rischiano di influenzare in negativo il consumatore. In un momento di difficoltà del mercato, dovuto alla crisi economica che stiamo vivendo – conclude l’imprenditore bolognese – il non opporsi alla normativa irlandese rischia di essere un clamoroso autogol per la filiera vitivinicola”.
Il Governo italiano, nel frattempo, si sta muovendo. Alla Commissione Agricoltura della Camera è stata approvata una risoluzione che impegna l’Esecutivo a contrastare le misure assunte dall’Irlanda. Le organizzazioni della filiera vitivinicola italiana, tra cui Confagricoltura, hanno accolto con soddisfazione “la volontà del Governo di adoperarsi per attivare azioni proattive di sensibilizzazione al corretto consumo dei prodotti vitivinicoli e, più in generale, degli altri prodotti alcolici, recependo le nostre proposte volte alla realizzazione di progetti di educazione al consumo responsabile che garantiranno non solo la tutela della salute pubblica ma anche il valore delle produzioni italiane di eccellenza e del nostro Made in Italy”.