L’Aceto balsamico, o meglio la sua versione riveduta, che arriva da Cipro oltre che dalla Slovenia, il Parmigiano Reggiano sempre al centro di imitazioni e versioni fantasiose, il Prosciutto di Parma venduto senza l’indicazione dell’origine. Si moltiplicano le rincorse dell’agropirateria ai capisaldi della grande tradizione gastronomica emiliano-romagnola, mettendo sotto pressione le filiere delle indicazioni geografiche.

Delle prospettive Ue per i marchi di qualità e della revisione del regolamento comunitario sui prodotti a Indicazione geografica si è discusso alla conferenza Arepo, l’associazione delle Regioni europee per i prodotti d’origine, a Bruxelles. Incontro aperto dall’assessora Garcia Bernal della Regione spagnola dell’Estremadura e presidente di Arepo e dall’europarlamentare Paolo De Castro, relatore della posizione del Parlamento Europeo sulla proposta di revisione del regolamento sui prodotti a denominazione di origine. Le conclusioni sono state tratte dal commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski.

“Le Regioni, Emilia-Romagna in testa- afferma l’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi, intervenuto ai lavori- sono in prima linea nella difesa di prodotti testimoni di identità territoriali ben specifiche, in un confronto che travalica i confini regionali e riguarda tutte le Dop e Igp italiane. Le Denominazioni d’origine e le Indicazioni geografiche, che in Emilia-Romagna valgono 3,5 miliardi di euro, non rappresentano soltanto un comparto economicamente rilevante, ma testimoniano la qualità, la reputazione e la cultura del cibo, oltre alla tracciabilità e al rispetto di precisi disciplinari di produzione”.

Sul caso della mistificazione dei tre aceti a denominazione d’origine provenienti da zone diverse da quelle registrate, secondo Mammi “ci troviamo di fronte a situazioni che sfruttando la popolarità di queste etichette, compromettono il lavoro di qualificazione e di promozione dei produttori. Anche per questi motivi va rafforzato il ruolo dei Consorzi nella tutela del marchio a sostegno ai produttori, che deve essere sempre più riconosciuto anche nella legislazione europea”.

Conferenza sul Carbon farming
La missione dell’Emilia-Romagna prosegue oggi con la conferenza “Il contributo del Carbon farming per la neutralità climatica e la sicurezza alimentare”, occasione per fare il punto con i rappresentanti della Commissione europea sulla proposta di regolamento Ue per la certificazione dei crediti di carbonio e per presentare esperienze e progetti innovativi sviluppati in Emilia-Romagna.
Il Carbon Farming, ovvero pratiche agricole che favoriscono il sequestro del carbonio nel terreno, è una modalità di coltivazione che tiene insieme sostenibilità ambientale, economica e sociale e che contribuisce agli obiettivi climatici fissati dalla UE migliorando la qualità dei suoli.

“L’obiettivo che si devono dare le Regioni- spiega Mammi- è quello di favorire attività di carbon farming che possano andare a beneficio dell’intero sistema di una filiera produttiva”. In questo modo la compra-vendita dei crediti di carbonio generati dalle pratiche degli agricoltori può rimanere all’interno del sistema agro-alimentare favorendo gli scambi a livello di filiera produttiva per neutralizzare le emissioni delle industrie agroalimentari.
Sono state presentate le esperienze dei Gruppi Operativi per l’Innovazione sviluppate attraverso il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2022 sulla tematica del sequestro del carbonio nelle produzioni vegetali e zootecniche. L’altro versante dei progetti presentati nella conferenza riguarda i modelli di monitoraggio, contabilizzazione e scambio dei crediti di carbonio generati dalle pratiche di carbon farming.

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