ambulatorio MMG (ph.credit Luca Lenzotti)

Gli spazi in cui viviamo o lavoriamo sono in grado di trasmettere sensazioni ed emozioni alle altre persone che vi accedono, e proprio per questo l’allestimento dovrebbe seguire precise linee guida, soprattutto se si tratta di luoghi di cura. Se per quanto riguarda gli ospedali la letteratura in materia di scelta dei colori e disposizione degli spazi è molto ampia, non si può certo dire lo stesso per gli studi dei medici di famiglia, punti di riferimento primario per l’assistenza di base.

A contribuire nel colmare questo vuoto ci ha pensato una ricerca modenese, premiata al 96esimo Congresso europeo della rete dei ricercatori in medicina generale (EGPRN) che si è svolto nelle scorse settimane a Spalato, in Croazia, come miglior lavoro in formato poster tra i circa 40 presentati. Si tratta del secondo riconoscimento che l’EGPRN attribuisce a una ricerca modenese, dopo quello assegnato allo studio MAGMA sulla presa in carico territoriale dei pazienti positivi al Covid.

Il carattere di novità assoluta ha colpito la giuria, che ha deciso così di premiare il lavoro condotto dal gruppo di ricerca guidato da due Mediche di medicina generale di Modena, Alice Serafini e Irene Bruschi, e formato tra gli altri da due antropologi, Mirko Pasquini dell’Università di Uppsala in Svezia e Martina Belluto del Comune di Bologna, e da Luca Ghirotto, metodologo qualitativo, Responsabile dell’Unità di Ricerca Qualitativa dell’Azienda USL di Reggio Emilia – IRCCS.

La ricerca è ispirata metodologicamente al photovoice, un particolare tipo di analisi che coinvolge i soggetti intervistati mediante l’utilizzo di fotografie, inducendoli a riflettere su come apportare cambiamenti a una specifica tematica. In questo caso è stato chiesto a 40 medici di medicina generale (prevalentemente della provincia di Modena) di fotografare il proprio studio, con l’ambulatorio, la sala d’attesa, la segreteria e gli spazi comuni, descrivendone punti di forza e aspetti da migliorare. Ne è nata un’analisi, sicuramente non esaustiva ma molto significativa e interessante, degli spazi che i medici di medicina generale utilizzano per lavorare a contatto con gli assistiti, dalla quale è emersa una grande eterogeneità: dalla disposizione degli arredi ai colori utilizzati per dipingere le pareti, dalla presenza di elementi naturali come piante e fiori alle dimensioni di ambulatori e sale d’attesa.

A partire da questo materiale sono state tratte alcune conclusioni, che costituiscono un primo compendio di linee guida che un giovane medico di famiglia potrebbe seguire quando si troverà a dover allestire il proprio studio. Se alcune di queste conclusioni riguardano la maggior parte dei luoghi aperti al pubblico, come la necessità di creare un ambiente accogliente, scegliendo i giusti colori per trasmettere un senso di calma e tranquillità, utilizzando piante come complementi d’arredo naturali, altre sono più specifiche: ad esempio personalizzare l’ambiente con oggetti (come diplomi e libri) che contribuiscano a motivare il professionista; separare la zona di consultazione da quella di visita; prevedere spazi adeguati per tutte le professionalità che lavorano all’interno dello studio, compresi eventuali medici in formazione; allestire uno spazio idoneo dedicato al ristoro del personale.

Attenzione anche alle dimensioni degli arredi: scrivania e computer, ad esempio, non devono essere troppo grandi, per non rischiare di aumentare la distanza (non solo fisica) tra il medico e l’assistito.

L’argomento, considerato innovativo e attuale, ha catturato l’attenzione dei partecipanti al Congresso, scatenando un positivo dibattito in cui è stato sottolineato il grande sforzo fatto dai ricercatori modenesi per portare a casa questo risultato.

“Siamo rimasti sorpresi di questo interesse – spiegano le dottoresse Serafini e Bruschi, prime firmatarie della ricerca, a nome del gruppo di lavoro – e soprattutto del premio. Per noi significa tantissimo e vale doppio: in Italia la ricerca nell’ambito della medicina generale non esiste e questo studio, così come quello sul Covid, è stato condotto in maniera indipendente e autonoma. In un contesto di forte rinnovamento della medicina generale, con un ricambio generazionale che arriva al 50% della forza lavoro, abbiamo trovato necessario fare un’analisi qualitativa degli spazi in cui spendiamo tantissime ore al giorno per assistere i nostri pazienti. Questo risultato ci dà la spinta per proseguire in questo filone, con una nuova ricerca in cui chiederemo impressioni e pareri sugli allestimenti direttamente agli assistiti”.

Le MMG Alice Serafini e Irene Bruschi davanti al poster della ricerca
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