In Italia sono 150.000 le persone colpite ogni anno da ictus cerebrale, 12 milioni nel mondo. A Carpi si registrano 300 casi ogni anno.

È tuttavia scientificamente provato che 8 ictus su 10 potrebbero essere prevenuti, intervenendo sugli stili di vita e sui fattori di rischio.

Di questi argomenti si parlerà la mattina di sabato 28 ottobre, dalle ore 9.00, a Carpi, presso l’Auditorium della Biblioteca Loria, nel corso del convegno Ictus cerebrale: un ponte tra prevenzione e terapia, con al centro il paziente e la sua famiglia, promosso da ALICe. Carpi in occasione della Giornata Mondiale dell’Ictus (29 ottobre).

Le relazioni, di taglio divulgativo per consentire a tutti i cittadini interessati di partecipare, saranno tenute da esperti professionisti.

Verranno approfonditi i fattori di rischio principali e le possibilità di minimizzarli, diventando protagonisti della propria salute, ma anche le moderne modalità di cura della malattia in fase acuta. Non verrà trascurato il ruolo del caregiver familiare nel talora complesso percorso che comincia con il rientro a casa dei pazienti con esiti permanenti.

In Italia un milione di persone è sopravvissuto a un ictus, con esiti di varia gravità. Purtroppo, ancora oggi la malattia è gravata del 20% di mortalità acuta (nei primi trenta giorni) nonostante enormi miglioramenti dell’assistenza in fase acuta.

L’ictus cerebrale rappresenta la prima causa di invalidità permanente, la seconda di morte nel mondo (terza in Italia), la seconda causa di demenza (dopo L’Alzheimer).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo definisce come improvvisa comparsa di segni e sintomi neurologici, di durata superiore a 24 ore, attribuibile al circolatorio del cervello.

Molte delle cause possono essere combattute con successo, dando vita ad una politica sanitaria di prevenzione incentrata su controllo e cura dei valori di pressione arteriosa, degli alti livelli di colesterolo LDL, dei livelli di glicemia, sull’abolizione del fumo, la sensibilizzazione sul ruolo della Fibrillazione Atriale e trattamenti conseguenti, la riduzione del peso corporeo e la promozione di sane abitudini di vita, in particolare una alimentazione corretta e l’attività fisica.

Per potere raggiungere e trattare le persone con alti indici di rischio cerebro-cardiovascolare è indispensabile produrre campagne di sensibilizzazione e coinvolgimento degli operatori della medicina sul territorio, mezzi di informazione, Associazioni di volontariato, caregiver.

 

 

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