E’ un grande onore per me essere qui a Reggio Emilia e ricevere il Tricolore nella città in cui è nato, una città che mi ha appoggiato nel corso della mia prigionia, una città dalla parte dei diritti umani e dei migranti. Questa città ha dato esempio di resistenza e solidarietà, ma serve lottare perché ci sono ancora molti prigionieri ‘di coscienza’ in Paesi come l’Iran e la Libia: il fatto che io sia qui testimonia che qualcosa può accadere e che, anche solo firmando degli appelli, si può fare la differenza, queste lotte civili possono funzionare”.

Con queste parole Patrick Zaki, ricercatore di origini egiziane e attivista detenuto per oltre 20 mesi per il suo impegno in favore dei diritti umani, ha accolto stasera dal sindaco Luca Vecchi il Primo Tricolore, massimo riconoscimento di Reggio Emilia.

“Reggio Emilia offre abitualmente un importante appoggio ai rifugiati – ha aggiunto Zaki – Qui date una seconda opportunità a tanti e dovrebbe essere così in tutta Italia. Dopo questa mia esperienza, cercherò di utilizzare tutti i momenti possibili per aiutare persone che si trovano in condizioni difficili, anche analoghe a quelle che ho vissuto io. Per risolvere simili situazioni, certo servono le istituzioni, servono le associazioni, ma prima di tutti servono le persone e il loro valore. Continuiamo a lottare insieme, dunque, per i diritti umani, oltre che per un cessate il fuoco e per la pace, nei luoghi di conflitto”.

Prima di conferire il Primo Tricolore a Patrick Zaki, il sindaco Luca Vecchi aveva introdotto la cerimonia in Sala del Tricolore, ringraziando Amnesty International, rappresentata stasera da Federica Rauzi, “per essere stata pungolo e stimolo alla società civile” nella vicenda drammatica di Patrick Zaki, e il Consiglio comunale per aver deliberato il conferimento del Primo Tricolore al giovane attivista.

“Quando dichiariamo che siamo la città dei diritti – ha aggiunto il sindaco Vecchi – parliamo di un impegno costante che va dai diritti umani alla libertà di espressione, dai diritti di cittadinanza alla cultura della pace, alla promozione del dialogo interculturale e della cooperazione internazionale. Un impegno costante, che ha portato in passato Reggio Emilia ad essere la prima città al mondo a schierarsi per la liberazione di Nelson Mandela e ora a essere una città che ha aderito e supportato la campagna per la giustizia e la liberazione di Patrick Zaki, che oggi siamo felici di accogliere qui con noi.

“Conoscendo Patrick, mi ha colpito la sua serenità interiore, quasi l’imperturbabilità, nonostante quanto abbia passato. E trovo significativo – ha concluso il sindaco – che la mobilitazione per lui sia partita dalla sua Università, quella di Bologna, a cui si sono associati altri Atenei, fra cui il nostro di Modena e Reggio Emilia, a riprova che l’Università è luogo non solo di pensiero ma anche di libera manifestazione di pensiero e opinione. Il cammino per l’affermazione di libertà e diritti nel mondo è ancora lungo, ma come vediamo siamo in tanti a compierlo”.

Il prorettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Giovanni Verzellesi, ha spiegato che “come Ateneo abbiamo seguito da sempre il caso di Patrick Zaki, su prima sollecitazione dell’Alma Mater Università di Bologna. Lo abbiamo fatto, ben sapendo che libertà e diritti sono nel loro complesso sostanziali per la piena affermazione di una democrazia effettivamente libera e rafforzata. E’ fondamentale in questo senso la ricerca del bene di ciascuna persona. Parliamo spesso, e giustamente, di sostenibilità in termini economici e ambientali, ma una piena sostenibilità non può essere se non include anche una sostenibilità sociale, che preveda libertà personale e diritti”.

All’incontro in Sala del Tricolore erano presenti anche il presidente del Consiglio comunale Matteo Iori, diversi consiglieri comunali e membri della giunta, oltre ai rappresentanti delle associazioni che hanno aderito all’appello a sostengo della liberazione di Patrick Zaki.

Nel suo libro, Sogni e illusioni di libertà. La mia storia (La Nave di Teseo), presentato in serata nell’Aula Magna Manodori di palazzo Dossetti a cura di Amnesty International Reggio Emilia, Patrick Zaki ha scritto: “La speranza è il motivo per cui esisto e racconto la mia storia… Sarò sempre grato per tutto l’amore e la speranza che mi hanno circondato. Rimarrò fedele a questa malattia della speranza con cui mi avete contagiato, fino a quando le prigioni, piene di persone libere, saranno vuote”.

LA STORIA DI PATRICK ZAKI E LA CAMPAGNA PER LA SUA LIBERAZIONE – Nato il 16 giugno 1991 a Mansura (in Egitto) in una famiglia copta, dopo aver studiato Farmacia al Cairo, Partick Zaki inizia a lavorare presso l’Eipr (Egyptian Initiative for Personal Rights), una delle più importanti organizzazioni egiziane per la difesa dei diritti umani e civili. Nel 2019 riprende gli studi e si trasferisce a Bologna, dove si iscrive alla laurea magistrale internazionale in “Women’s and Gender Studies”. Il 7 febbraio 2020, rientrando in Egitto per far visita alla famiglia, Zaki viene arrestato all’aeroporto del Cairo. Per diverse ore non si hanno sue notizie, fino alla comunicazione del trattenimento in detenzione preventiva. Dopo estenuanti rinvii, il processo prende avvio in luglio, con accuse di diffusione di notizie false e minaccia alla sicurezza nazionale. La custodia cautelare viene rinnovata di volta in volta fino al 7 dicembre 2021, quando Patrick Zaki viene rilasciato. Il processo tuttavia continua e il 18 luglio 2023 il Tribunale di Mansura emette una sentenza di condanna a tre anni di detenzione. Il giorno successivo il presidente egiziano concede la grazia. Patrick Zaki è finalmente libero.

Sin dal suo arresto, Amnesty International si è mobilitata per denunciare l’ingiusta detenzione di Patrick Zaki. La sua storia è entrata nel cuore dell’intera società civile e la campagna “FreePatrickZaki” ha visto l’adesione di enti locali, università, associazioni, cittadine e cittadini in tutta Italia. Il volto dell’attivista disegnato da Gianluca Costantini è diventato il simbolo della richiesta di liberazione di Patrick Zaki anche a Reggio Emilia, sia nelle manifestazioni di piazza organizzate dal gruppo locale di Amnesty International, sia nei luoghi istituzionali e di cultura nei quali il Comune, l’Università e numerose altre realtà cittadine hanno scelto di esporre la sagoma del ricercatore.

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