L’operazione, che ha impegnato oltre 20 militari dell’Arma della specialità Forestale, è stata eseguita su delega della Procura di Reggio Emilia dal Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale (NIPAAF) di Reggio Emilia, con il supporto di unità provenienti da Reggio Emilia, Modena, Parma, e Verona. L’attività di indagine è stata finalizzata a raccogliere tracce e informazioni a conferma dell’ipotesi di reato ex art 479 c.p. di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, contestata a 6 indagati, tra cui 5 dipendenti pubblici di ARPAE.

Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, gli indagati, in concorso tra loro, avrebbero deliberatamente depennato la presenza di amianto dai risultati delle analisi relative a diversi campioni di rifiuti, prelevati ai fini delle analisi delegate dall’Autorità Giudiziaria alla stessa ARPAE e inerenti un sito in sequestro nella bassa reggiana, appartenente a una società con sede legale nel veronese. In funzione della provenienza illecita dei rifiuti, privi di tracciabilità, l’intero impianto era stato posto in sequestro dai Carabinieri Forestali del NIPAAF di Reggio Emilia alla fine del 2022: I rifiuti da costruzione e demolizione, trattati dall’impianto per la produzione di aggregato riciclato per l’edilizia, erano stati infatti considerati dagli inquirenti rifiuti pericolosi in applicazione del principio di precauzione. L’Agenzia regionale era quindi stata incaricata dall’Autorità Giudiziaria della caratterizzazione dei rifiuti e della ricerca dell’eventuale presenza di amianto. Tuttavia, i risultati positivi degli accertamenti di ARPAE sarebbero stati parzialmente occultati e la presenza di amianto non sarebbe stata comunicata alla polizia giudiziaria, fino a quando è stata scoperta dagli investigatori, anche grazie alle informazioni rese da alcuni dipendenti della stessa Agenzia.

L’amianto è un rifiuto speciale pericoloso che deve essere gestito da aziende specializzate secondo le procedure previste dalla legge, il cui illecito smaltimento prevede pene della detenzione da sei mesi a due anni e sanzioni pecuniarie da 2600 a 26.000 euro. Il suo utilizzo nel campo dell’edilizia era ampiamento diffuso in passato fino a quando in Italia la sua produzione, lavorazione e vendita è stata vietata dal 1992. L’amianto è un materiale estremamente nocivo per la salute umana e l’esposizione a polveri contenenti fibre è in grado di generale numerose patologie quali il mesotelioma pleurico e il carcinoma polmonare. La sua diffusione nell’ambiente in varie forme, tra cui la crocidolite è senz’altro tra le più temibili, può esporre a seri rischi la salute umana, trattandosi di un forte agente cancerogeno.

Ad oggi, numerosi documenti sono stati posti sotto sequestro e si trovano al vaglio degli investigatori per la verifica del reato contestato: tra questi, documenti e appunti di laboratorio, fogli di lavoro, dispositivi informatici e una fitta corrispondenza telematica. Il procedimento, in fase di indagini preliminari, proseguirà per i consueti approfondimenti investigativi al fine delle valutazioni e determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.

 

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