“Il Ministro Pichetto Fratin e Confindustria Ceramica sono fermi al Novecento! – dichiara Alessandro De Nicola responsabile Cgil del distretto ceramico – Sono portatori di una logica vecchia perché non colgono la necessità di una discussione complessiva sul futuro del distretto sassolese. E in questa discussione complessiva ci devono stare, non solo il problema dei costi energetici delle ceramiche, ma anche la ricerca e il finanziamento di nuove vocazioni produttive, la salvaguardia dell’ambiente e dell’aria, la tutela della qualità del lavoro e di vita complessiva della popolazione”.

“Alla Cgil non interessa entrare nei dettagli tecnici di quanto affermato dal Ministro Fratin nei confronti della nuova tecnologia nucleare – non è questo il punto – sembra però che questa proposta nasca da una vecchia cultura del disprezzo per il territorio, considerato funzionale esclusivamente alla produzione. Un territorio, il nostro, che in questi anni ha certamente ricevuto tanto dal generale sviluppo economico, ma ha pagato altrettanto: un territorio largamente sfruttato e cementificato. Allora, in questa logica la proposta del nucleare non fa una grinza ed è addirittura coerente!

C’è poi una ulteriore questione: la proposta del nucleare sottende una potenziale trappola perché si continua ad immaginare uno sviluppo del territorio prevalentemente legato alla ceramica. Quello che sta accadendo in altre parti della nostra provincia, vedi la crisi del biomedicale nella Bassa, dovrebbe suggerire anche un sostegno alla ricerca di nuove vocazioni produttive.

Attualmente invece si immagina un territorio dove l’ultimo lembo di terra di fianco al Secchia sarà coperto da una autostrada e, dulcis in fundo, da qualche parte un giorno ci sarà una centrale nucleare. Perché questi mini reattori di cui parla Fratin non sono scaldabagni che si installano nei capannoni, ma devono essere collocati in un luogo che dovrà essere una centrale nucleare”.  

“A questo punto le cosiddette “scelte coraggiose” di cui ultimamente si parla – continua De Nicola – sono semplicemente il ritorno al Novecento del secolo scorso dove le esigenze produttive erano le uniche determinanti che guidavano lo sviluppo di un territorio”.

“I problemi che abbiamo davanti sono grandissimi – conclude il sindacalista – c’è sia la questione della competitività delle nostre imprese che la necessità di favorire nuove produzioni perché un territorio non può dipendere da un’unica produzione. E la vera scelta coraggiosa – in un territorio densamente urbanizzato come il nostro – sta nella necessità di sviluppare un modello produttivo dove la competitività è fatta anche dalla tutela del territorio, dell’ambiente, della salute e dei diritti dei lavoratori”.

 

 

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