Mercoledì 20 novembre ricorre l’80° anniversario del bombardamento su Nonantola del 20 Novembre 1944 nel centro del paese in pieno giorno che stroncò undici giovani vite innocenti, nove ragazzini e due giovani uomini.

Un’avvenimento tragico che deve essere ricordato, un richiamo alle coscienze, un monito per giovani e adulti affinché la guerra sia da ripudiare sempre.

La comunità nonantolana fu traumatizzata profondamente per lunghi anni a venire. L’eco e il ricordo di quella strage pesarono per decenni sulle famiglie coinvolte, tramandando il fardello di quel dolore di generazione in generazione. Occorre mantenere viva la memoria di un vissuto collettivo, attraverso la memoria scegliamo infatti i valori ai quali ci ispiriamo come individui e come comunità.

Nonantola, 20 novembre 1944. A Ottant’anni dal bombardamento che sconvolse il paese (Testo di Federico Piccinini, nipote di Nello Piccinini, una delle 11 vittime del bombardamento)

Nonantola, storico borgo sede della famosa abbazia, si ritrovò improvvisamente al centro di una tragedia durante la Seconda Guerra Mondiale. Era la mattina del 20 novembre 1944 quando il rombo dei bombardieri alleati squarciò il silenzio, portando distruzione e morte in un luogo fino ad allora risparmiato dai bombardamenti su vasta scala. L’eco di quel drammatico giorno avrebbe segnato il paese per decenni, lasciando un fardello di dolore che le famiglie coinvolte avrebbero tramandato alle generazioni successive.

In quella mattina fredda e grigia, ma caratterizzata da un’alba insolitamente rossa cremisi, l’allarme aereo aveva già suonato più volte, ma nessuno poteva immaginare che Nonantola, paese agricolo ma sede di uno snodo ferroviario a ridosso della linea gotica e dei comandi delle SS e della Gestapo, sarebbe stata bombardata. Due bombe colpirono l’entrata del paese in località Alta: una devastò l’area del lavatoio sul Canal Torbido, vicino a un chiosco dove si radunavano giovani e bambini; l’altra esplose poco distante, provocando un’esplosione secondaria nell’officina del meccanico Gheduzzi, amplificata dalle bombole di acetilene.

Le conseguenze furono disastrose: undici persone persero la vita tra cui 9 ragazzini e 2 giovani uomini. La violenza della deflagrazione fu tale che alcune vittime poterono essere identificate solo grazie a piccoli dettagli, come gli stivali che uno di loro indossava. Tra i caduti, Nello Piccinini, un giovane di 28 anni che, secondo i racconti, si era lanciato nel tentativo disperato di mettere in salvo alcuni bambini. Il suo gesto di altruismo rimase impresso nella memoria collettiva, trasformandolo in un simbolo di eroismo in un contesto di orrore e disperazione.

Il bombardamento di Nonantola non fu solo una tragedia locale, ma un riflesso del dramma più grande che attraversava l’Italia. L’avanzata degli Alleati e la ritirata nazista avevano trasformato il paese in un campo di battaglia, e la popolazione civile si trovava schiacciata tra i rastrellamenti tedeschi, le violenze della guerra e i bombardamenti alleati. La strage del 20 novembre, avvenuta a poca distanza dalla linea del fronte, alimentò per anni interrogativi sull’intenzionalità dell’attacco: errore di calcolo o colpo deliberato?

Le famiglie colpite da questa tragedia non trovarono mai piena consolazione. Il dolore della perdita, così improvvisa e violenta, segnò non solo i superstiti, ma anche i loro discendenti. Le vite spezzate, i vuoti lasciati a tavola, le storie mai vissute, pesarono sul tessuto sociale e sulla memoria collettiva del paese. Il ricordo di quel giorno continuò a vivere, tramandato con racconti frammentari, fotografie ingiallite e lapidi silenziose, a testimonianza di un dolore che Nonantola non riuscì mai davvero a dimenticare

La Gazzetta dell’Emilia, nei giorni successivi alla strage, dedicò poche righe all’evento, sottolineando il lutto di un’intera comunità. Le parole del commissario prefettizio descrivevano il bombardamento come un atto vile e disumano, capace di strappare fanciulli, padri e lavoratori al loro futuro. Ma il cordoglio pubblico non bastò a lenire le ferite: quelle undici vite rappresentavano non solo una perdita umana, ma anche un trauma collettivo che continuò a riecheggiare per anni nelle famiglie e nei luoghi della memoria.

Oggi, a ottant’anni da quella tragica mattina, il bombardamento di Nonantola rimane un monito su quanto siano profonde e durature le ferite lasciate dalla guerra. Non si trattò solo di un episodio di violenza bellica, ma di una frattura emotiva che segnò il paese e la sua gente per generazioni. Ricordare quei momenti significa non solo onorare le vittime, ma riflettere su come la guerra, con la sua brutalità, cambi per sempre le vite delle persone, lasciando segni indelebili nella memoria collettiva.

La tragedia del 20 novembre 1944 è un esempio di come, nelle pieghe della grande Storia, le esperienze locali e personali abbiano il potere di rivelare la portata devastante della guerra e il suo impatto sulle comunità. In un presente in cui i conflitti continuano a minacciare il mondo, il ricordo della strage di Nonantola ci invita a non dimenticare il costo umano delle guerre, affinché simili tragedie non si ripetano mai più.

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