degesuSabato 20 febbraio 2016, alle ore 17,30, presso il “Circolo degli Artisti” di Modena (Via Castel Maraldo, 19/ C) , si tiene il battesimo di uno scrittore di narrativa: Roberto De Gesu ( nato a Cosenza , laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Modena, nel 1977 e dal 1978 residente a Modena, dove esercita la professione di medico) , presenta la raccolta di racconti “L’aquila continuerà a volare” (titolo ricavato dal secondo dei tre racconti), pubblicato da “Aletti Editore”. Introduce l’incontro il giornalista Roberto Armenia. L’attrice Franca Lovino legge brani ricavati dai tre racconti. Si tratta del 648.mo  “Incontro con l’Autore” nei 60 anni di vita e attività del “Circolo degli Artisti” modenese.

L’autore è a disposizione per rispondere alle domande dei presenti e per dedicare copie del suo libro di esordio.  Ingresso è libero.

Per chi vuole saperne di più

Considerazioni: in un tempo in cui si affermano modalità di scrittura sempre più veloci (la scrittura viene gradualmente contratta, concentrata, abbreviata attraverso Internet, web , attraverso le nuove forme di social network ) e si cercano  nuove forme di letteratura e di espressione (vedi la nuova collana i “DISTILLATI” , che si propone di offrire ai lettori che hanno poco tempo – o sono “pigri”- veri e propri “distillati” delle opere di narrativa. Così che –per esempio- romanzi come “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson oppure “Venuto al mondo” di Margaret Mazzantini subiscono dei veri e propri “dimagrimenti” dei testi- il primo da 600 è ridotto a 240 pagine, il secondo da 540 a 200 pagine. Non costituiscono novità in assoluto: già Marziale invitava a scrivere e leggere “ libri succinti”) Ma allora perché  non scrivere racconti (e non più romanzi) ? Questi sono costitutivamente brevi e concentrati. Per decenni gli editori (e molti scrittori) hanno privilegiato i romanzi lunghi ai racconti brevi. Oggi, è possibile prevedere il rilancio e la rivalutazione dei racconti.

Il volume “L’aquila continuerà a volare” , dedicato (caso nuovo in assoluto) dall’autore ai genitori Ezio e Maria e ai suoceri Michele e Teresa, raccoglie tre racconti all’insegna dell’unità di tempo e di spazio. Infatti, si sviluppano attraverso parallelismi tra il presente e il passato, il medioevo, in particolare.                                Il primo racconto “Strano modo di morire” , in 12 capitoli più un altro “Ultimo”, si apre con lo studio di un medico, il dottor Fabio Valerio De Marco (i riferimenti con lo scrittore-autore della raccolta di racconti è “immediata”, naturale . Fabio, Valerio e Marco sono i nomi dei tre figli di Roberto De Gesu) : brizzolato,  sulla cinquantina. Riceve la visita di un misterioso ingegnere, Manfredo (in omaggio a Valerio Massimo Manfredi autore di riferimento per Roberto De Gesu)  Spada, accusato della morte del padre e del fratello. Ha già un ottimo avvocato. Si rivolge  non tanto al medico ma piuttosto “allo studioso di storia medioevale”,  che è nel dottor De Marco. Perché è convinto che la soluzione del suo problema giudiziario  si possa ritrovare in un episodio analogo avvenuto nel Medioevo, 800 anni prima, quando un giovane medico della “Scuola Medica Salernitana”, Pietro, che si forma e specializza presso il famoso luminare Galvano,  riesce a capire e spiegare scientificamente le improvvise morti del re medioevale, l’empio Federico e dell’altro “altrettanto empio Corrado, suo figlio”. Con l’aiuto esperto e appassionato di due giovani , Lorenzo e Francesca , che si “inventano” segugi e detective (in effetti sono: Lorenzo è proprietario della avviata “Libreria Antiquaria Davoli”; la professoressa Francesca Conte è una stimata e appassionata ricercatrice del Dipartimento di Storia Antica dell’Università) , il nostro medico De Marco riesce a creare un nesso tra i due episodi, capisce quale è la causa dei decessi e  fa assolvere-scagionare il sospettato ingegner Spada.       Da notare che i capitoli sono dedicati, alternativamente, alle indagini e ai fatti dell’oggi (scritti in caratteri normali )  e ai fatti, alle ricostruzioni medioevali ( scritti in corsivo). E’ un avvincente racconto, all’insegna del mistero, della suspence e della professione di medico, che può risolvere (spesso prevenendoli)  molti dei problemi che affliggono l’uomo ( i riferimenti autobiografici con l’autore Roberto De Gesu, medico, sono chiari e continui).

Il secondo racconto “L’aquila continuerà a volare” , in 13 capitoli più un altro intitolato “Ultimo”, è un inno all’amicizia, alla fedeltà, al coraggio e all’amore anche come segno-indice di “misericordia” (come suggerisce Papa Francesco nel suo ultimo libro-intervista “ Il nome di Dio è Misericordia” e come suggerisce con l’Anno Santo straordinario, che si è aperto l’8 dicembre 2015). Infatti, è la storia di un gruppo di bambini che , in un “miscuglio di arabi, ebrei e cristiani”,  giocano ,spesso “facendo battaglie tra bande”.  Con loro, tra loro, uguale a loro, c’è un bambino dai capelli rossi, che si scopre essere il giovane pretendente al Regno di Sicilia, che, bambino, “nell’indifferenza della reggia di Palermo va a giocare con i suoi coetanei che vivono  nella zona del porto”. A distanza di alcuni anni, il ragazzo rosso Federico,  il ragazzo magro, Adil ed un terzo,Tommaso,  si ritrovano. Morti i genitori di Federico, la Regina Costanza e Re Enrico, i due amici d’infanzia vengono chiamati per aiutare colui che,  nel frattempo, è diventato Federico Secondo, Re di Sicilia, Re d’Italia, Imperatore di Germania e Re di Gerusalemme: il Re corre continui pericoli, con complotti e congiure ad opera di giovani aristocratici e, soprattutto,  ad opera di Giovanni  De Rotis, che aspira ad essere nominato re di Calabria, che vorrebbero appropriarsi (e in molti casi, riappropriarsi) delle terre demaniali  e di quelle ecclesiastiche. I congiurati non si trattengono neppure dal saccheggiare e incendiare le chiese e commettere odiosi soprusi.          Ritorna (in un racconto tra il “giallo” e il “thriller”) l’antico tema degli intrighi e delle congiure per raggiungere il potere. E’ un tema che ricorda le congiure e gli intrighi architettati e rivolti contro Senebkay, nell’antico Egitto che, nel 1600 a.C., a soli 35 anni, si dice sia stato il primo faraone morto per assassinio, il primo regicidio  documentato della storia (per altri, sarebbe stato il primo faraone morto in battaglia, combattendo contro gli Hyksos).  Anche questo racconto è all’insegna del mistero, dei passaggi segreti, della ricerca di un immenso tesoro in monete d’oro, e all’insegna dell’ “amore sacrificato per la politica” Ma anche all’insegna delle nobili arti del falconiere e dell’orafo, con un omaggio alle donne, madri, spose e figlie fedeli e generose.

Il terzo racconto “ La bambina e la stella” è la storia di una bambina , Maria, di quattro-cinque anni, che riceve in dono dal suo papà, in partenza per andare a combattere i Turchi, una stella ad otto punte creata da un abile orafo, per lei.  Maria resta orfana: il padre è morto “combattendo contro i Turchi”. Per un certo periodo di tempo, vive (gradita, amata ospite) presso la Regina Beatrice (“donna molto bella, venuta da un paese lontano in riva al mare”) e il suo sposo, il Re Mattia. Non avevano avuto figli”. Così erano felici di tenere con sé la piccola Maria. Ma la bambina era in pericolo, in quanto i Turchi volevano rapirla . Così, con “la sua mamma, suo fratello e la governante che aveva voluto seguirli ad ogni costo… con cinque soldati ed il loro comandante”, la piccola Maria deve fuggire dal Re Mattia e dalla Regina Beatrice. Parte e porta con sé la sua stella: “Maria sopportava la fatica senza lamentarsi e quando nessuno la vedeva, stringeva in mano la stella per farsi coraggio”. Il viaggio è lungo, pieno di pericoli. I primi provengono da un orso e da un branco di lupi.  In seguito, una decina di turchi che vengono verso di loro. I pericoli sono intervallati con momenti di gioia (la governante , che è incinta di un giovane soldato che li accompagna) e con atti di grande misericordia e generosità (gli abitanti di un villaggio –pur sapendo che si trattava di una Principessa ricercata dai Turchi e consapevoli del rischio che correvano- , accolgono, rifocillano e aiutano la Principessa e il suo “corteo”) .  Dopo avere “percorso oltre mille miglia, avere superato montagne altissime tagliate da valli oscure… ed essere sopravvissuti alle belve, alle malattie e ai turchi, finalmente il viaggio finì… Erano arrivati al castello dove viveva la principessa  vedova del principe Giorgio, colui che aveva fermato i turchi”. Ma il viaggio non è finito. “ I Turchi si stanno dirigendo in gran numero alla volta del castello”. Così come l’Ulisse di Omero (ed anche quello di Valerio Massimo Manfredi ne “Il mio nome è Nessuno. Il ritorno”) , li aspetta un altro viaggio. Questa volta per mare. Particolarmente belle e suggestive  le pagine che descrivono la scoperta del mare da parte di Maria. “Le avevano detto che era blu, invece, fin dove arrivava lo sguardo, si vedeva solo una distesa verde in movimento che si frangeva ruggendo sulla spiaggia… Maria era affascinata”. Alla fine, Maria con la sua stella e i suoi compagni di viaggio, giunge in una lontana “città in riva al mare, con due isole di fronte, dove furono accolti da Re Ferdinando”, che era “nientemeno che il padre della Regina Beatrice, la moglie di Re Mattia… Passarono gli anni… Maria crebbe alla corte del Re, finchè venne il momento di sposarsi con un giovane appartenente ad una nobile famiglia” , ricco, con tanti feudi. “Ed ebbe dei figli. Nei momenti di sconforto o di felicità, prendeva in mano la stella e pensava all’uomo dai grandi baffi che gliel’aveva data, tanto tempo prima,  e del quale  non riusciva più a ricordare il volto ( il padre morto, combattendo contro i Turchi). Alla fine, la sorpresa, il coup de theatre: tutta la storia è il racconto di Maria, nel frattempo diventata nonna, alla nipotina. Non è una fiaba, perché –assicura la nonna- Maria è veramente vissuta. Era “Maria di Valacchia, figlia di Vlad III Bassard, principe di Valacchia detto Dracula”.

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