pariopportunitaIl nuovo Piano regionale contro la violenza alle donne, per rafforzare la rete di prevenzione e protezione, e un convegno dedicato ai giovani e all’educazione alla parità di genere. Così la Giunta regionale dell’Emilia-Romagna celebra la ricorrenza del prossimo 8 marzo.

Un’occasione anche per fare il punto sui progressi raggiunti e sui problemi che ancora permangono, sulle iniziative e interventi per la realizzazione dell’uguaglianza. Con il contributo dei dati aggiornati raccolti nella quinta edizione del volume “Le donne in Emilia-Romagna” che sarà presentato proprio in occasione del convegno.

“Abbiamo approvato il primo Piano regionale contro la violenza alle donne per rafforzare la rete di prevenzione, protezione e sostegno”, ha sottolineato l’assessore regionale alle Pari opportunità Emma Petitti. “E’ uno strumento fondamentale, costruito insieme ai Centri antiviolenza, agli Enti locali, alle forze sociali e alle associazioni femminili, ai Garanti, alla Consigliera di parità e al Cug regionale, perché vogliamo che sia patrimonio dell’intera comunità emiliano-romagnola. Le donne devono sapere che non sono sole e che potranno troverà in ogni territorio un presidio che le aiuterà ad uscire dal circuito della violenza e a recuperare la piena indipendenza, dal primo momento dell’emergenza fino ad arrivare all’autonomia occupazionale. Lavoreremo per sostenere la rete regionale, attraverso i fondi statali (che dovrebbero attestarsi intorno a 1,2 milioni di euro) e attraverso un bando regionale dedicato, e proseguiremo nell’impegno quotidiano per la diffusione di una sensibilizzazione e di cultura che ci consenta di arrivare alla piena parità e uguaglianza di genere”.

Il piano regionale contro la violenza alle donne

Il primo “Piano regionale contro la violenza alle donne”, previsto dalla l.r. 6/2014 e approvato nei giorni scorsi dalla Giunta, è lo strumento principale per rafforzare la rete di prevenzione, protezione e sostegno alle donne vittime di violenza.

E’ un documento, che ora sarà discusso dall’Assemblea legislativa, basato sui principi delle convenzioni internazionali (dalla Convenzione Onu per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa) e delle norme nazionali e regionali che collocano il tema della violenza contro le donne nel campo della protezione dei diritti umani e del diritto fondamentale alla salute.

Le aree di intervento oggetto del piano sono quattro: la prevenzione del fenomeno della violenza maschile, con particolare riguardo alla sensibilizzazione e formazione delle giovani generazioni; la protezione delle donne vittime di violenza e il sostegno verso l’autonomia; il trattamento degli autori di comportamenti violenti e le azioni di sistema per il contrasto alla violenza.

Il piano triennale punta a rafforzare la rete di protezione esistente, anche attraverso attività di formazione e sensibilizzazione, e ad aumentare e potenziare l’integrazione tra i servizi pubblici, i centri antiviolenza e le case-rifugio regionali.

I centri antiviolenza regionali sono strutture gestite da donne, che funzionano gratuitamente e garantiscono un sostegno e un aiuto concreto, anonimo e integrato con gli altri servizi, a donne vittime di violenza o minacciate. Il documento stabilisce chi può promuovere i centri (organizzazioni e associazioni autonome di donne o di promozione sociale o volontariato iscritte ai registri regionali, onlus iscritte all’anagrafe dell’agenzia delle entrate che operino nel settore dell’aiuto delle donne vittime di violenza, con esperienze quinquennali e specifiche in materia; enti locali in forma singola o associata) e i servizi che essi devono offrire (accoglienza, consulenza psicologica, legale, supporto indiretto ai minori, orientamento alla formazione e al lavoro).

A garanzia di elevati standard di qualità di tali strutture, il piano, in collaborazione con tutti i referenti territoriali, istituisce l’elenco regionale dei 23 centri antiviolenza e l’osservatorio regionale sulla violenza di genere (per ampliare e uniformare il sistema di raccolta e analisi dei dati a tutta la rete di sostegno e aiuto per le donne).

Per quanto riguarda i finanziamenti, nel 2015, grazie alle risorse nazionali del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (relative al biennio 2013 e 2014), la Regione ha ripartito 1,2 milioni di euro tra i Comuni sedi di case e centri antiviolenza: sia per finanziare o ampliare servizi già operativi (854 mila euro) sia per sostenere l’apertura di nuovi centri o case rifugio (346 mila euro). Nei prossimi mesi è atteso il decreto ministeriale di riparto dei fondi nazionali previsti nella legge di stabilità 2016 e relativi alle annualità 2015-2016.

Il convegno

Si intitola “Adolescenza, relazioni ed educazione alla parità” il convegno in programma martedì 8 marzo in Regione (dalle ore 10 alle 13, nella Sala 20 maggio 2012, Terza torre, viale della Fiera 8).

Aperto dall’assessore regionale alle Pari opportunità Emma Petitti e dalla presidente della Commissione assembleare per la parità e i diritti delle persone Roberta Mori e chiuso dalla presidente del Corecom Giovanna Cosenza, il convegno sarà dedicato ai giovani studenti dell’Emilia-Romagna e, in particolare, agli oltre 200 ragazzi e ragazze che hanno preso parte al percorso educativo e formativo in 10 istituti superiori di Bologna e provincia.

Curato dall’Associazione “Il progetto Alice” e finanziato dalla Regione, il progetto ha previsto incontri, lezioni interattive e laboratori per promuovere relazioni consensuali e libere da stereotipi di genere tra ragazze e ragazzi adolescenti. Ne è scaturita una campagna di comunicazione contro la violenza alle donne nelle relazioni intime tra adolescenti intitolata “Che cos’è l’amor?”. La campagna, presentata in occasione del convegno, sarà al centro di una mostra allestita per un mese nel Museo Giardino geologico della terza torre della Regione e diffusa online sui principali social network.

Le scuole coinvolte nel progetto sono: Liceo Minghetti, Ipsas Aldrovandi Rubbiani, Liceo Righi, Liceo Fermi, Fondazione Aldini Valeriani, Cfp Fomal, Liceo Laura Bassi a Bologna; Cfp Form.Art (Porretta), Iiss Keynes (Castel Maggiore) e Iis Scappi (Castel San Pietro Terme).

Il convegno si potrà seguire live su Twitter con #8marzo.

I NUMERI – le donne in emilia-romagna

Inquadramento demografico

L’Emilia-Romagna è una regione con elevato grado di invecchiamento.

Al 2015 23 residenti ogni 100 hanno 65 anni o più, sono 22 su 100 in Italia e 19 su 100 in Europa.

Il rovescio della medaglia è avere pochi giovani: in Emilia-Romagna 40 persone su 100 hanno meno di 40 anni, esse sono 42 su 100  in Italia e 47 su 100  in Europa

Quando parliamo di popolazione e soprattutto di anziani, parliamo di donne: in Emilia-Romagna le donne sono circa 2 milioni e 300 mila, 51 ogni 100 residenti complessivi; 57 ogni 100 residenti con almeno 65 anni, 60 ogni 100 residenti con almeno 75 anni, 68 ogni 100 residenti con almeno 85 anni.

Dagli anni Novanta ad oggi l’immigrazione ha costituito una piccola rivoluzione per la popolazione femminile: le donne straniere sono più giovani e più propense ad avere figli. Quelle tra i 20 e i 49 anni rappresentano il 30,6% della popolazione straniera mentre nella popolazione di cittadinanza italiana il peso delle donne in questa fascia di età scende a poco meno del 18%.

Sono straniere quasi 13 donne ogni 100 donne residenti nel complesso e 27 donne ogni 100 donne residenti con età compresa tra i 25 e i 34 anni

Il 55% delle donne straniere proviene da soli 5 paesi: Romania (16,9%), Marocco (11,4%), Albania (10,5%), Ucraina (8,8%) e Moldavia (7,4%).

E’ a provenienza a prevalenza femminile, l’immigrazione dall’Ucraina (su poco più di 31mila presenze si contano oltre 25mila donne, l’81% del totale), dalla Polonia (77%) e dalla Moldavia (68%).

Aumenta il peso delle seconde generazioni, di coloro che pur di cittadinanza straniera sono nati in Italia. I dati delle anagrafi comunali testimoniano questa situazione: il 16,6% degli stranieri residenti in Emilia-Romagna al 1° gennaio 2015 è nato in Italia; si sale al 51,6% se si considerano i giovani stranieri fino a 25 anni e all’88% per i bambini sotto i 10 anni.

Fecondità – natalità – famiglie

Siamo una regione a bassa fecondità: mediamente 1,4 figli per donna in età feconda (tra 15 e 49 anni) nel 2014  mentre la stabilità della popolazione sarebbe garantita con almeno 2,1 figli per donna in età feconda.

Il dato è superiore alla media italiana di 1,37 figli per donna ma ben sotto quella europea di 1,55.

Fino al 2009 la fecondità è stata in crescita soprattutto per il contributo delle straniere mentre ora siamo in una nuova fase di calo: nel biennio 2009-2010 si stimano i valori di 1,27 figli per le cittadine italiane e 2,75 figli per donna per le cittadine straniere. Oggi siamo a poco sopra 2 figli per donna per le straniere (2,05) contro gli 1,24 delle donne italiane.

Vi è un forte “effetto struttura”: diminuiscono i nati perché diminuiscono le potenziali madri, soprattutto italiane. Nel 2009 risiedevano in Emilia-Romagna poco più di 955mila donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni, di cui circa 130mila straniere. Nel 2015 lo stesso contingente si era ridotto a circa 946mila unità con una quota di straniere crescente e pari a oltre 175mila unità.

La diminuzione delle donne di cittadinanza italiana è stata quasi interamente compensata dall’aumento di donne di cittadinanza straniera : – 54.300 unità per le prime, +45.500 per le seconde tra il 2009 e il 2015.

Le differenze di fecondità tra donne italiane e straniere si concentrano sulle età più giovani: tra le 20-24enni il tasso di fecondità delle straniere è oltre 7 volte quello delle giovani italiane, tra i 25 e i 29 anni è oltre il doppio. In questa fase di contrazione sono proprio le giovani straniere a rinunciare o forse posticipare la nascita di un figlio.

Cambiano le strutture familiari: le famiglie aumentano e sono sempre più piccole: aumentano quelle fatte da persone sole, da coppie senza figli, da monogenitori e diminuiscono le coppie con figli.

In particolare, in regione su 100 famiglie 14 sono formate da soli anziani con 75 anni e più, 15,6 sono famiglie con almeno un anziano dai 75 agli 84 anni, 7,6 sono famiglie con almeno un anziano con 85 anni e più. La maggiore sopravvivenza femminile fa registrare quote di anziane sole più elevate rispetto a quelle degli anziani soli, sono soprattutto le donne quindi che, spesso vedove, tendono meno degli uomini a scegliere la coabitazione e mantengono l’autonomia abitativa fino ad età molto elevate; tra i giovani a vivere da soli sono invece più gli uomini.

Se è vero che i ragazzi vanno a vivere da soli più delle ragazze, è altrettanto vero che più delle loro coetanee permangono nel ruolo di figli: tra i 25 e i 34 anni a vivere con i genitori sono il 25% delle ragazze contro il 39% dei ragazzi.

L’indipendenza abitativa dalla famiglia d’origine per le ragazze si accompagna più frequentemente che per i ragazzi con la formazione di una coppia e con il diventare genitori anche se negli ultimi decenni si sono osservati dei cambiamenti su questo aspetto. Le giovani donne di 25-34 anni che all’ultimo censimento vivevano in coppia con i propri figli erano circa un terzo delle donne in questa fascia di età mentre agli inizi degli anni novanta questa situazione familiare riguardava la maggioranza delle 25-34enni. Il ruolo di genitore diventa prevalente nella fascia di età successiva: vive in coppia con i propri figli il 55% delle donne tra i 35 e i 44 anni.

Nell’ultimo decennio intercensuario la presenza di coppie non coniugate è quasi raddoppiata: il 12,8% nel 2011 contro il 6,8% del 2001 mentre aumentano le famiglie formate da un solo genitore: circa 182mila, l’82% delle quali vede la presenza della madre quale unico genitore, l’86% quando almeno uno dei figli è minorenne.

SALUTE

L’Emilia-Romagna è tra le regioni più longeve d’Europa e qui, come del resto in tutta Europa, la vita media delle donne è più lunga di quella degli uomini: 85,6 anni per le donne contro 81,1 anni per gli uomini nel 2014 in Emilia-Romagna. Ma il gap, rispetto al passato, si è ridotto: agli inizi degli anni Novanta una donna nata in Emilia-Romagna si aspettava di vivere poco più di 81 anni, circa 7 anni in più rispetto ad uomo; nel 2014 l’aspettativa di vita delle donne supera gli 85 anni e mezzo ma il differenziale con gli uomini si è ridotto a circa 4 anni e mezzo.

L’Emilia-Romagna mostra, inoltre, stime degli anni di vita in buona salute migliori della media italiana ma si accentua anche la differenza di genere a sfavore delle donne. Nel 2013 su oltre 85 anni di vita media, le donne possono attendersene 58,9 in buona salute; per gli uomini l’aspettativa media è inferiore, circa 81 anni, ma la quota che si attendono di trascorrere in buona salute sale a 61,7 anni.

La percezione dello stato di salute è peggiore tra le donne in tutti gli Stati europei e anche in Emilia-Romagna  nel 2013 a dichiarare di sentirsi bene o molto bene sono il 63% delle donne e il 72,8% degli uomini, residenti di 14 anni o più.

In tutte le classi di età si osserva un peggiore stato di salute psicologica delle donne, meno accentuato fra i 25 e i 64 anni. Rispetto al 2005, mentre per entrambi i sessi si osservano miglioramenti dell’indice di stato fisico, il benessere psicologico peggiora per gli uomini di 14 anni e più (-0,5 punti) e migliora solo per le donne di 65 anni e più (+1,2 punti).

L’Emilia-Romagna ha la percentuale maggiore di anziani di 65 anni e più trattati attraverso l’Adi (assistenza domiciliare integrata): 11,8% contro la media italiana del 4,3% (dato 2012)

SCREENING

In Emilia-Romagna nel periodo 2011-2014 in media quasi 9 donne su 10 tra i 25 e i 64 anni ha riferito di sottoporsi a scopo preventivo a Pap-test o Hpv test ogni 3 anni, come raccomandato dalle linee guida. In Italia sono circa 8 su 10.

I regione delle 9 donne che si sottopongono a screening per il tumore alla cervice uterina, 7 lo fanno all’interno del programma di screening organizzato contro una media italiana di 4.

In Emilia-Romagna circa l’87% delle donne tra i 50 e i 69 anni ha riferito di aver eseguito una mammografia negli ultimi due anni, come raccomandato dalle linee guida mentre in Italia sono il 71%. In regione il 75% degli screening mammografici avviene all’interno dei programmi di prevenzione organizzati dalla Regione.

Nel 2014 in Emilia-Romagna il 49,6% delle donne che ha avuto una gravidanza si è rivolta ad un servizio pubblico, la maggior parte ad un consultorio familiare; le donne straniere utilizzano il servizio pubblico più delle donne italiane (85,5% contro il 33,9%).

Dal 2003 al 2014 c’è stata una costante riduzione della frequenza di donne che effettuano un numero di visite in gravidanza inferiore a quanto raccomandato dall’OMS sia tra le italiane sia tra le straniere.

Reddito e povertà

Il reddito disponibile in Emilia-Romagna nel 2013 è di 20.600 euro per le donne e 22.100 euro per i maschi (in Italia rispettivamente 17.800 e 18.800).

Come diretta conseguenza di una minore disponibilità di risorse finanziarie, le donne qui (ma anche in tutta Europa) hanno una maggiore probabilità rispetto agli uomini di essere a rischio di povertà: nel 2013 in Emilia-Romagna l’11,4% delle donne e il 9% dei maschi; in Italia il 19,4% delle donne e il 16,9% dei maschi; in Ue28 il divario di genere a sfavore delle donne è più contenuto, circa un punto percentuale (nel 2014 sono a rischio povertà il 17,1% delle donne e il 15,9% degli uomini)

DONNE E ISTRUZIONE

In Italia, nell’ anno scolastico 2015/2016 su 100 iscritti al primo anno degli istituti superiori ci sono 61 ragazze nei licei e 31 ragazze negli istituti tecnici.

Nell’anno scolastico 2013/2014 in Emilia-Romagna su 100 diciannovenni si sono diplomati 82 ragazze e 71 ragazzi (in Italia nello stesso anno sono stati 81 ragazze e 74 ragazze).

Su 100 studentesse iscritte ad un istituto superiore 4 sono ripetenti, 7 i ripetenti su 100 iscritti maschi.

Dopo il diploma, sono passati all’università 58 ragazze e 48 ragazzi su 100 diplomati (in Italia sono stati 55 ragazze e 44 ragazzi su 100).

Nel 2014 in Emilia-Romagna la percentuale di popolazione fra i 25 e i 64 anni in possesso di un titolo universitario o post-universitario ha raggiunto il 25% fra le donne e il 17,2% fra gli uomini.

Nelle stesso anno in Italia le donne laureate sono il 25,5% e gli uomini il 16,2%, in Ue28 il 36,5% e il 30,1%.

In regione i laureati in discipline scientifiche e tecnologiche, su 1.000 giovani fra i 20 e i 29 anni, sono il 23,1% dei ragazzi e il 14,5% delle ragazze, in Italia il 15,4% e il 10,8% (anno 2012).

Infine, sempre in regione, le ragazze sono l’89,5% fra gli immatricolati al gruppo disciplinare insegnamento, l’80,4% nel gruppo linguistico, il 64,2% nel gruppo letterario, il 63,7% nel gruppo politico-sociale, il 63,4% nel gruppo medico (anno accademico 2012/2013)

DONNE E LAVORO

Ecco i dati aggiornati al 2014.

Il tasso di occupazione (calcolato sulla popolazione fra i 20 e i 64 anni come richiesto dalla Strategia EU2020) per le donne in Emilia-Romagna è del 63%, in Italia del 50,3%, in Ue27 del 63,5%; per gli uomini in Emilia-Romagna è pari al 78,6%, in Italia al 69,7% e in Ue27 al 75,1% .

Il tasso di disoccupazione per le donne in Emilia-Romagna è del 9,5%, in Italia del 13,8%, in Ue27 del 10,3%; per gli uomini in Emilia-Romagna è pari al 7,3%, in Italia all’11,9%, in Ue27 al 10,1%.

Il tasso di disoccupazione giovanile per le donne in Emilia-Romagna è al 39,2%, in Italia al 44,7%, in Ue27 al 21,3%, per gli uomini in Emilia-Romagna è del 31,7%, in Italia del 41,3%, in Ue27 del 22,7%.

Le donne si concentrano in alcuni settori lavorativi: alberghi e ristoranti (56,9% donne su 100 occupati del settore), altri servizi collettivi e personali (71,8%), istruzioni, sanità e altri servizi sociali (72,9%).

La segregazione occupazionale è evidente anche nelle posizioni professionali ricoperte.

Le donne sono 13 su 100 imprenditori, 34 su 100 liberi professionisti, 36 su 100 dirigenti, mentre sono 62 su 100 impiegati e 61 su 100 coadiuvanti nelle aziende familiari.

In Emilia-Romagna le donne in part-time sono pari al 30,5% delle occupate , gli uomini sono il 7,9% degli occupati.

 

DONNE E CONCILIAZIONE

Nel Nord-est il tasso di occupazione delle donne dai 25 ai 49 anni è complessivamente pari al 70,6%

Se tali donne sono single il tasso sale all’86,6%; se sono madri cala al 68,2%; in particolare se madri in coppia con due figli è il 66,3%, se madri monogenitori con due figli è l’81,9% (dati 2014 non disponibili per singola regione).

In Emilia-Romagna il tempo dedicato al lavoro domestico in una settimana per le donne ammonta a 24 ore e 25 minuti , per gli uomini a 6 ore e 58 minuti (media italiana: 26 ore e 22 minuti per le donne e 6 ore e 37 minuti per gli uomini. I dati sono relativi al 2013 e alla popolazione dai 20 ai 74 anni.

L’Emilia-Romagna ha la più alta percentuale di presa in carico dei bambini 0-2 anni da parte dei servizi socio-educativi per la prima infanzia: 27,3% contro il 13,5% della media italiana (dati anno scolastico 2012/2013).

L’Emilia-Romagna ha la percentuale maggiore di anziani di 65 anni e più trattati in ADI (assistenza domiciliare integrata): 11,8% contro la media italiana del 4,3% (dato 2012)

 

DONNE E RAPPRESENTANZA POLITICA

L’Emilia-Romagna ha la maggiore percentuale di donne elette nelle assemblee legislative regionali: 36% contro la media italiana del 18% (dato 2015).

E’ seconda solo alle Marche come percentuale di donne che sono state elette in Parlamento (Camera +Senato): 44,8% contro la media italiana del 30,7% e ha la maggiore percentuale di sindaci donne: 20,9% (dati 2014).

Denunce reati violenza

Nel 2014 in Emilia-Romagna sono state sporte oltre 9.000 denunce per violenze verbali, fisiche, psicologiche o sessuali su donne. Di queste donne oltre 5.500 sono state vittime di minaccia o ingiuria, circa 700 di stalking, più di 2.500 di violenze fisiche (lesioni e percosse), quasi 350 di stupro, di cui 29 con la partecipazione di più persone. Nello stesso anno, infine, sono state uccise 8 donne e altre 15 hanno subito un tentativo di omicidio.

Le donne sono il 48% delle vittime sul complesso dei reati violenti: il 91% delle vittime di stupri; il 76% tra le vittime di stalking ; il 48% di coloro che hanno denunciato percosse e il 48% delle vittime di violenze verbali quali ingiurie o minacce.

Il 51,3% delle vittime donne ha tra i 25 e i 44 anni.

 

I CENTRI ANTIVIOLENZA DELL’EMILIA-ROMAGNA

Nel corso del 2015 le donne che si sono rivolte ai 13 centri che compongono il Coordinamento dei centri antiviolenza della regione Emilia-Romagna sono state 3.353. Rispetto all’anno precedente, il 2014, sono aumentate di 55 unità (+2%). Fra di esse vi sono sia donne che sono approdate ai Centri per la prima volta (2410, 2,5% in meno rispetto alle 2.473 del 2014) sia quelle già inserite nei percorsi dagli anni precedenti.

Le donne italiane sono 1518 (64,4%), quelle provenienti da altri paesi 840 (35,6%). Il dato è in linea sui valori registrati anche negli anni precedenti.

Le donne con figli sono complessivamente 1731 (il 77,4% di tutte le donne nuove accolte che subiscono violenza), i figli sono 3020, in entrambi i casi in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (-4,5%). Nel 2014, le donne accolte con figli erano 1815 (79,3%) e avevano in totale 3.163 figli.

Nel 2015, poco più della metà dei figli delle donne accolte, il 55,6% (1678), ha assistito o subito direttamente atti o episodi di violenza.

Le donne accolte nel 2015 sono state vittime in larga maggioranza di violenze fisiche (il 66,8%) e/o psicologiche (92,7%). Meno frequentemente di violenze economiche (il 42,8%) e violenze sessuali (il 15,0%). Dati che rimangono pressoché invariati rispetto al 2014.

Le donne ospitate nelle case-rifugio e nelle altre strutture dei centri antiviolenza del coordinamento regionale, nel corso del 2015, sono state 198, i figli/e 213. In entrambi i casi si registra un aumento di 10 unità rispetto all’anno precedente. In media le notti di ospitalità per donna e/o figli/ sono state 117, con un aumento di circa 12 notti rispetto all’anno precedente.

 

 

Le fonti dei dati:

tutti i dati raccolti, all’infuori di quelli relativi all’attività dei centri antiviolenza, afferiscono a indagini ufficiali effettuate da: Istituto nazionale di Statistica (Istat), Istituto Statistico dell’Unione Europea (Eurostat), Ministero dell’Interno, Ministero dell’Università e della Ricerca, Ministero della Salute.

 

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