L’Emilia-Romagna ha una nuova legge sulle grandi derivazioni a scopo idroelettrico. Mette al centro la sostenibilità ambientale, la tutela e il miglioramento dell’ecosistema e della biodiversità lungo i corsi d’acqua interessati, l’incremento della produzione di energia verde a parità di risorsa idrica utilizzata e la sicurezza delle operazioni di gestione delle dighe.
È stato approvato oggi dall’Assemblea legislativa il testo, proposto dalla Giunta, che fissa modalità e procedure di assegnazione delle concessioni e il canone annuo che i gestori sono chiamati a versare alla Regione. In tutta l’Emilia-Romagna se ne contano nove, gestite dal Gruppo Enel.
“Come previsto dalla delega dello Stato, entro l’anno ogni Regione doveva approvare una disciplina di dettaglio in tema di grandi derivazioni- afferma l’assessore regionale all’Ambiente, Irene Priolo-. L’Emilia-Romagna ha saputo fare di quest’obbligo normativo un’occasione per fare un ulteriore balzo in avanti per la cura del territorio, la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile”.
“Sono soddisfatta- prosegue l’assessore- perché questa scelta è stata assunta con l’assenza di voti contrari, un risultato particolarmente importante e significativo frutto dell’interesse collettivo che tutti i gruppi in Aula hanno saputo dimostrare, anche grazie al lavoro svolto dal relatore di maggioranza della Legge Igor Taruffi e dalla collaborazione del relatore di minoranza Marco Mastacchi”.
Tra le novità in arrivo, particolarmente rilevante l’aggiornamento dell’importo dovuto da parte dei concessionari attualmente fissato in circa 14 euro a kilowatt. In linea con quanto disposto anche da altre Regioni, sarà sostituito da un canone a doppia composizione: una quota fissa di 40 euro per ogni kilowatt di potenza nominale media annua – rispetto al minimo di 30 euro definito dalla legge nazionale è di 30 euro – e una quota variabile, calcolata sulla percentuale dei ricavi ottenuti dal concessionario.
Si prevede inoltre l’obbligo di fornire annualmente e gratuitamente alla Regione una quantità di energia di 220 chilowattora per ogni chilowatt di potenza nominale media di concessione che sarà destinata al 100% a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni. È ammessa la monetizzazione del valore dell’energia.
“Almeno il 40% delle risorse incassate sarà destinato a finanziare azioni di tutela e ripristino ambientale dei corsi d’acqua interessati dalla derivazione- sottolinea Priolo-. Nella nostra regione tutte le concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico hanno scadenza il 1^ aprile 2029. Già da ora- conclude- si sono però fissate regole chiare e trasparenti per garantire da subito risorse aggiuntive e maggiore attenzione alla sostenibilità degli impianti, oltre che per farci trovare pronti a quella data, con un percorso di avvicinamento con un programma annuale di controlli periodici sullo stato di efficienza, conservazione e funzionamento delle dighe che partirà già nel 2021”.
Le novità della legge
Il decreto legislativo 79/1999 assegna alle Regioni il compito di disciplinare, entro il 2020, le modalità di attribuzione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico, quindi gli impianti con potenza nominale media di concessione superiore o uguale a 3.000 kilowatt.
La nuova legge regionale prevede che al termine delle attuali concessioni, il 1^ aprile 2029, tutte le opere “bagnate” delle dighe – infrastrutture di raccolta, regolazione e derivazione dell’acqua, i canali di adduzione, le condotte forzate e i canali di scarico – passeranno in proprietà alla Regione e dovranno essere consegnate da Enel in stato di regolare funzionamento.
La Regione, con un’analisi caso per caso, potrà inoltre procedere a nuove assegnazioni attraverso gara pubblica ammettendo, in via secondaria, anche assegnazioni a società a capitale misto pubblico-privato oppure mediante forme di partenariato pubblico-privato.
Il bando di gara definirà obblighi e limitazioni gestionali con particolare riguardo alla previsione dell’utilizzo delle acque invasate per usi diversi, come potabile e irriguo, e per fronteggiare situazioni di emergenza idrica, calamità, incendi e necessità di protezione civile. Regolerà inoltre il mantenimento della capacità utile di invaso, anche attraverso una adeguata gestione dei sedimenti, e i vincoli inerenti alla sicurezza delle persone e del territorio; gli obiettivi minimi da raggiungere mediante opere di manutenzione straordinaria e modifica degli impianti, ai fini di migliorarli dal punto di vista energetico e i livelli minimi da conseguire con interventi di conservazione, miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, finalizzati alla tutela dei corpi idrici e alla mitigazione degli impatti sull’ambiente.
Le nuove concessioni avranno scadenza compresa tra venti e quarant’anni, in casi di proposte particolarmente complesse estendibili di dieci anni.
Le grandi derivazioni in Emilia-Romagna
Due sono le grandi derivazioni nel piacentino: lo sbarramento sul Po ad Isola Serafini, in comune di Monticelli d’Ongina e l’impianto di Salsominore sul torrente Aveto, a Ferriere.
Altre due si trovano nel parmense: una afferisce al bacino dell’Enza e comprende le centrali di Rigoso, Selvanizza, Palanzano e Rimagna; la seconda riguarda il bacino del Parma e comprende gli impianti di Bosco di Corniglio e Marra di Corniglio.
Una grande derivazione si trova a Ligonchio (foto), nel reggiano, e comprende il sistema idroelettrico afferente alle tre centrali di Ligonchio Ozola, Ligonchio Rossendola, Predare.
Due le derivazioni nel modenese: una nei territori di Frassinoro e Montefiorino, con le centrali di Farneta e Muschioso; l’altra a Riolunato, sul torrente Scoltenna.
In provincia di Bologna sono 5 gli impianti che afferiscono a un’unica grande derivazione che ricomprende gli impianti di Pavana, Suviana, Bargi, Santa Maria e Le Piane.
Nel forlivese-cesenate c’è la centrale di Isola, sul Bidente, in comune di Santa Sofia.