Pochi giorni fa, il 5 febbraio, si è tenuta l’ottava edizione della Giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, un’iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema dalle importanti ricadute sociali, economiche ed ambientali. Lo spreco di cibo a livello domestico in Italia vale 4,9 euro a nucleo familiare, per un totale di circa 6,5 miliardi di euro complessivi. Il costo nazionale, includendo gli sprechi di filiera produzione/distribuzione 2020, di oltre 3miliardi e 293 milioni di euro, arriva a circa 10 miliardi di euro (Rapporto Waste Watcher 2020, legato allo spreco percepito).
Il packaging da una parte e i comportamenti dei consumatori dall’altra giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione degli sprechi alimentari, che, come si evince dai dati, il più delle volte si verificano proprio tra le mura domestiche.
Partendo da questa considerazione un team dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Ricercatore Fabio Licciardello nel ruolo di responsabile scientifico, ha avviato un progetto, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Agroalimentari e Forestali, che mira ad evidenziare il legame tra spreco a livello domestico e periodo di vita utile dopo la prima apertura delle confezioni (la shelf life secondaria).
Il progetto Unimore, dal titolo “Shelf Life Secondaria” appunto, parte dal presupposto che spesso i prodotti non vengono consumati interamente per sopraggiunti limiti, secondo quanto indicato in etichetta con diciture quali “conservare in frigorifero e consumare entro xx giorni dall’apertura”.
“L’ipotesi che sta alla base della ricerca – commenta Fabio Licciardello, coordinatore del progetto – è che la reale vita utile dopo la prima apertura possa essere più lunga di quanto indicato, spesso in maniera approssimativa ed eccessivamente prudenziale, dai produttori”.
Il progetto prevede una ricognizione di mercato con l’obiettivo di evidenziare la diversificazione nelle informazioni fornite in etichetta per alcune categorie di prodotti. Saranno quindi condotte simulazioni in tipiche condizioni di impiego casalingo e test di shelf life mediante determinazioni analitiche, microbiologiche e sensoriali al fine di misurare le variazioni di qualità e stabilire, così, il tempo di vita utile dopo la prima apertura.
“Lo studio – continua Licciardello – valuterà l’efficacia di un active packaging innovativo nell’estensione della shelf life secondaria di prodotti selezionati. Dimostrare, attraverso una sperimentazione scientifica, che i prodotti confezionati abbiano una shelf life secondaria più lunga di quanto indicato, offrirebbe un grande potenziale di riduzione degli sprechi a livello domestico”.