Credo sia ora di uscire, e farlo anche con una certa urgenza, dalla contrapposizione manichea “scuola in presenza” vs “scuola in DaD”, che ha come unico effetto quello di creare uno scontro inutile tra NoDaD e ProDaD che non porta da nessuna parte.

Ho detto pubblicamente qualche giorno fa che probabilmente si dovrà far ricorso alla DaD.

Che non vuol dire “tutti a casa per un tempo indefinito”: vuol dire che serviva una programmazione per evitare il caos che si rischia nei prossimi giorni: è un fatto che i contagi stanno continuando a crescere ed è un trend che continuerò ancora per un po’.

A questo punto però, o il Governo si prende la responsabilità di dirci – e di garantirci – che il covid non è più pericoloso e che possiamo tornare a fare tutto quello che facevamo prima o, se non è così, è normale aspettarsi che le famiglie tengano a casa i figli anche solo per precauzione e non necessariamente perché positivi o a rischio (si, sta succedendo anche questo!) e trovarsi quindi le aule mezze vuote.

Ed è altrettanto normale aspettarsi che il personale della scuola stia a casa: perché positivo, perché in isolamento/quarantena, perché magari qualcuno ha figli piccoli positivi che non può lasciare da soli a casa.

Solo che il personale assente non si riesce a sostituire: per le scuole secondarie ci sono valanghe di graduatorie le cui classi di concorso sono esaurite e quindi non ci sono supplenti.

Per le scuole dell’infanzia e la primaria, se possibile, è ancora peggio: già a fine settembre molte scuole hanno iniziato a chiamare come supplenti giovanissimi studenti di Scienze della Formazione Primaria (tradotto: personale di buona volontà ma che non ha il titolo per insegnare).

Ieri pomeriggio mi ha scritto uno studente di 19 anni (19 anni!!!) che con la MAD (messa a disposizione) ha avuto un incarico in una scuola primaria della provincia. In qualche caso addirittura in cattedra c’è gente che ha titoli di studio che non hanno niente a che fare con quelli che servono per poter insegnare.

E allora, di che cosa stiamo parlando? Questo è quello che sta succedendo nelle nostre scuole e che succederà, ancora di più, nelle prossime settimane: è inaccettabile fare finta di non vederlo!

E non si poteva non prevederlo.

E’ per questo che penso che serviva una programmazione seria, per gestire il rientro ed evitare il caos che sarà. Chi non l’ha voluta se ne prenderà le responsabilità.

L’altro ieri in conferenza stampa Draghi dice “il Governo ha la priorità che la scuola resti aperta”.  Peccato che lo stesso governo però non abbia ritenuto prioritario mettere davvero in sicurezza le scuole.

Non lo ha fatto a settembre e non lo ha fatto neppure adesso.

Non lo ha fatto scegliendo di “raccomandare” il distanziamento e non più di renderlo stringente e inderogabile.

Non lo ha fatto scegliendo di mantenere le classi con numeri abnormi di alunni.

Non lo ha fatto scegliendo di non potenziare seriamente il sistema dei trasporti.

Non lo ha fatto quando ha scelto di trattare i lavoratori con “contratti Covid” come la peggiore agenzia interinale tratta i propri dipendenti, con contratti di tre mesi in tre mesi e la proroga comunicata due giorni prima della scadenza.

Non lo ha fatto quando ha scelto di non fare test diffusi sulla popolazione scolastica.

Non lo ha fatto quando ha scelto di non dotare le scuole, il personale, gli studenti, di dispositivi di protezione seri – le mascherine Ffp2 – e lasciare invece quelle inutili prodotte dalla ex Fiat che ormai quasi nessuno usa più.

E potrei continuare ancora per un pezzo.

Di fronte a queste non scelte, che poi sono invece delle scelte chiarissime, dovremmo superare ogni contrapposizione e trovare il fondamento per rivendicare quello che serve perché la scuola sia davvero in presenza e davvero in sicurezza, per tutti.

E io conosco un modo soltanto per fare tutto questo.

Lo scorso 16 dicembre un pezzo della scuola ha iniziato una battaglia importante e lo ha fatto con uno sciopero e con la piazza.

Ci hanno detto che eravamo in pochi.

Io, diversamente, penso invece che siamo stati i primi, quelli che hanno incominciato.

E penso anche che adesso si debba continuare con dentro gli altri, quelli che non c’erano: le famiglie, gli studenti, le associazioni.

In sostanza: se non usciamo da questo dualismo, da questa conflittualità inutile tra NoDaD e ProDaD non facciamo altro che legittimare l’ambiguità di chi si erge a difensore della scuola sicura e di qualità, ma nella pratica non ha fatto niente per garantire sicurezza e qualità.

Il rischio caos nella scuola è possibile e nel caos vince il più forte, quello che ha più mezzi e più risorse, anche e soprattutto materiali.

Da questa consapevolezza credo che occorra partire tutti, per contrastare quel darwinismo sociale, l’impoverimento della scuola pubblica e l’aumento delle disuguaglianze che c’erano già prima della pandemia e che il post pandemia – quando ci sarà – renderà ancora più acceso e più cattivo.

(Claudio Riso, segretario sindacato scuola Flc/Cgil Modena)

 

 

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