Nella mattinata odierna i carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri Forestale di Reggio Emilia, al termine di una articolata e complessa attività investigativa avviata sull’uso di resti di demolizione e/o costruzioni edili non correttamente recuperati e depositati in modo incontrollato in un’area di cantiere di urbanizzazione con contestuale edificazione di immobile, hanno proceduto al sequestro preventivo dell’intera area di circa 40.000 mq. Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dal GIP del tribunale di Reggio Emilia su richiesta della Procura reggiana, concorde con gli esiti investigativi dei carabinieri forestali reggiani.
L’odierna esecuzione scaturisce dagli ulteriori approfondimenti investigativi di un’attività avviata nel settembre 2021 che aveva rivelato che il riempimento e il livellamento dei terreni del cantiere, con innalzamento fino a quota fondo strada, era stato fatto attraverso l’uso di resti di demolizioni edili visivamente non consoni per granulometrie grossolanamente disomogenee (pezzi da 5/8 centimetri) e contaminazioni diffuse di materiali estranei, quali plastica, gomma, cavi elettrici, ferro, alluminio, legno, ecc.
L’aggregato artificiale era parso fin da subito non conforme alle norme UNI dei riciclati artificiali e alle Circolari Ministeriali di settore per interventi urbanistici/edilizi e anche non correttamente recuperati come previsto e prescritto dal Testo Unico Ambientale. Nella circostanza gli operanti avevano proceduto al sequestro preventivo d’iniziativa dell’area contaminata stimata in circa 40.000 metri quadrati, con un perimetro di circa 1.300 metri, contenente oltre 15.000 tonnellate di rifiuti, stimati attraverso una laboriosa e articolata ricostruzione documentale esperita attraverso la ditta fornitrice del riciclato.
Tre persone (due 55enni e un 39enne residenti tra la Lombardia e il Veneto coinvolte a vario titolo nella gestione del cantiere) erano state denunciate alla Procura reggiana per il reato di deposito incontrollato di rifiuti. Il GIP di Reggio Emilia, confermando la sussistenza del reato, riconsegnava successivamente l’area ai vari soggetti coinvolti, al fine di consentire da attuarsi in seguito a provvedimenti della competente Autorità Amministrativa cosi come previsto e prescritto dal Testo Unico Ambientale.
Nel proseguo ulteriori indagini è emersa la non corretta gestione della procedura di verifica sulla conformità dell’inerte artificiale, limitata alle sole caratteristiche prestazionali e non a quelle ambientali. Ciò induceva tale autorità a non sospendere i lavori comportando di conseguenza l’edificazione di un imponente immobile di tipo logistico sopra agli scarti edili riconosciuti proprio dal GIP come essere ancora rifiuti. Il reato contestato ai citati indagati, a cui oggi si è aggiunto il procuratore speciale della ditta proprietaria dei terreni e committente dei lavori, è il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi. Il procedimento, in fase di indagini preliminari, proseguirà per i consueti approfondimenti investigativi al fine di consentire al Giudice di verificare l’eventuale piena responsabilità dell’indagato.