Mentre il James Webb Space Telescope (JWST) entra ufficialmente in attività e mostra al mondo le sue prime spettacolari immagini, l’Università di Bologna è pronta ad avviare i primi programmi di ricerca realizzati grazie alle capacità del più grande telescopio spaziale di sempre. Nei prossimi mesi, partiranno infatti due progetti che vedranno coinvolti ricercatori del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Alma Mater: il progetto COSMOS-Web e il progetto Blue Jay.
COSMOS-Web è il più grande programma osservativo selezionato per il primo anno di attività di JWST: le osservazioni partiranno nel mese di dicembre, con l’ambizioso obiettivo di osservare mezzo milione di galassie nel vicino infrarosso ad alta risoluzione e 32.000 galassie nel medio infrarosso, un numero ad oggi senza precedenti.
Il programma mapperà un’area di cielo pari a 0,6 gradi quadrati – circa l’area di cielo coperta da tre lune piene – utilizzando lo strumento chiamato NIRCam, che opera nel vicino infrarosso. Allo stesso tempo sarà anche mappata un’area più piccola, pari a 0,2 gradi quadrati, con lo strumento MIRI, che opera invece nel medio infrarosso. Osservare nell’infrarosso è essenziale perché è in questa regione spettrale che stelle, gas e polveri interstellari delle galassie distanti emettono la maggior parte della radiazione.
“Il progetto COSMOS-Web ha tre obiettivi principali: studiare l’epoca in cui si sono formate le prime stelle e galassie nell’Universo primordiale, osservare nel dettaglio le galassie già mature nell’Universo giovane e stimare la quantità di materia oscura”, spiega Margherita Talia, ricercatrice dell’Università di Bologna coinvolta nel progetto, a cui parteciperà anche lo studente di dottorato Unibo Fabrizio Gentile.
Il ricercatore dell’Alma Mater Sirio Belli è invece il Principal Investigator del progetto Blue Jay, che effettuerà osservazioni tra novembre e dicembre. L’obiettivo è osservare circa 150 galassie che si trovano nel “mezzogiorno cosmico” (Cosmic Noon): un’epoca, circa 10 miliardi di anni fa, in cui la crescita delle galassie più estese a noi note ha raggiunto il suo apice.
“Con questo progetto vogliamo soprattutto misurare l’età e la composizione chimica di queste galassie che osserviamo in un’epoca lontana, quando l’universo era ancora giovane, per poter capire come si siano formate”, spiega Belli.
Per ottenere questi risultati, Blue Jay utilizzerà due degli strumenti a bordo del James Webb Space Telescope: lo spettrografo del vicino infrarosso NIRSpec, che può osservare più di cento galassie simultaneamente, e la fotocamera per il vicino infrarosso NIRCam.
L’Università di Bologna, con il Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi”, sarà insomma tra i protagonisti delle tante scoperte e novità svelate grazie alle potenzialità uniche del JWST. Il cui grande specchio a tasselli di 6,5 metri di diametro trae origine da un’idea nata e sviluppata settant’anni fa proprio all’Alma Mater dal grande astronomo e intellettuale Guido Horn d’Arturo.