Via libera del Consiglio comunale all’avvio delle procedure per la dismissione della quota di partecipazione del Comune di Modena alla società Modena Fiera. Il provvedimento, necessario per la normativa che regola le partecipazioni societarie degli enti locali, non si tradurrà in un disimpegno del Comune rispetto alla promozione in città degli eventi fieristici, ha precisato l’assessore al Bilancio Giampietro Cavazza: “Gli enti pubblici sono impegnati affinché vengano confermati i principali appuntamenti che si svolgono sul territorio, iniziative strategiche per il nostro sistema economico”.

Con l’uscita di Comune, Provincia e, probabilmente, Camera di commercio, Bologna Fiere, che già oggi controlla la società modenese, rimarrà socio unico di Modena Fiere srl, ma nei giorni scorsi l’assessore regionale allo Sviluppo economico Vincenzo Colla ha assicurato ogni sforzo per garantire continuità nel programma espositivo e la salvaguardia dell’occupazione. Sarà necessario definire nelle prossime settimane un nuovo accordo per l’utilizzo del quartiere fieristico la cui proprietà rimane del Comune e il sindaco Gian Carlo Muzzarelli ha già annunciato la necessità di prevedere a bilancio interventi per almeno 300 mila euro.

La delibera che ha di fatto avviato il percorso per la dismissione delle quote delle Comune (il 14,6 per cento della società, la stessa quota è della Provincia, mentre Camera di commercio è al 19,7 per cento; Bologna Fiere ha già oggi il 51 per cento) è quella analisi per l’Analisi e la razionalizzazione delle partecipazioni societarie del Comune. È stata approvata giovedì 22 dicembre dalla maggioranza, con l’astensione di Lega Modena. In aula, dopo l’uscita delle minoranze in occasione del voto sul Pug, era presente il solo capogruppo Giovanni Bertoldi che ha sottolineato come “la dismissione delle quote di Modena Fiere rappresenta un depauperamento del nostro Comune, che si ritrova quindi escluso, così come la Provincia, dalle scelte che riguardano un ente importante”. Esprimendo “rammarico per la situazione”, Bertoldi ha aggiunto: “Alla base di questa situazione sicuramente ci sono stati eventi sfortunati, ma anche scelte strategiche sbagliate”.

Marco Forghieri (Pd) ha spiegato che occorrerebbe l’intervento del Governo “con l’obiettivo di supportare un settore, quello delle manifestazioni fieristiche, che sta subendo gli effetti dell’emergenza sanitaria e delle crisi energetica: gli ultimi anni caratterizzati dalla pandemia, infatti, non possono essere considerati ordinari e trattati come tali”.
All’origine del provvedimento, infatti, ci sono le disposizioni normative (la cosiddetta legge Madia) che dopo quattro esercizi consecutivi in “rosso” sanciscono obbligatoriamente l’uscita del Comune dalla società.
Prima della crisi del settore a causa dall’emergenza sanitaria, la Fiera di Modena stava affrontando un momento di difficoltà che nel 2018 e nel 2019 aveva portato a chiudere i bilanci con leggere perdite (rispettivamente 54 mila e 120 mila euro), ma con piani avviati per la ripresa e un fatturato che nel 2019 era arrivato a superare comunque i 7 milioni di euro. Il Covid ha interrotto l’attività nel 2020: fatturato crollato a 2,5 milioni e perdite per oltre un milione di euro. La risalita è iniziata nel 2021 (Modena è stata la prima fiera in Italia a riaprire, in giugno) e l’anno si è concluso con un fatturato che ha sfiorato i 4 milioni di euro e un “rosso” contenuto in 427 mila euro. Il disavanzo del 2020 era stato “disinnescato” dalla normativa sull’emergenza sanitaria che però non è stata riproposta per il 2021, così che di fronte a quattro bilanci consecutivi in perdita, scatta la necessità di razionalizzare, cioè dismettere la partecipazione societaria.

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