A fronte di un accordo di collaborazione stipulato nei mesi scorsi tra l’Agenzia Nazionale per i servizi Sanitari Regionali e l’Azienda USL di Bologna in merito all’applicazione del D.M.77, lunedì 6 febbraio il direttore generale di Agenas – Domenico Mantoan- ha fatto visita alla Casa della Comunità del Quartiere Navile. Oltre al Direttore generale dell’Azienda USL, Paolo Bordon, hanno partecipato all’incontro anche Luca Baldino – Direttore generale cura della persona, salute e welfare della Regione Emilia Romagna e Raffaele Donini, Assessore alle politiche per la Salute della Regione, nonché i Direttori dei distretti sanitari e dello Staff dell’Azienda USL di Bologna.
L’accordo di collaborazione prevede che l’Azienda USL di Bologna metta a disposizione di Agenas il patrimonio di esperienze dei servizi territoriali costruito negli anni nel bolognese mentre Agenas accompagni questo territorio nell’applicazione del DM 77. Dopotutto, su questo tema, le realtà regionali italiane sono molte differenti e presentano velocità di applicazione del DM 77 molto diverse: la realtà bolognese rappresenta un modello di per sé già all’avanguardia, potendo contare su 19 Case della Comunità che vedranno una rimodulazione dei servizi territoriali ed un completamento di parti ancora mancanti.
Il tavolo tecnico di avvio dei lavori è stato organizzato presso la Casa della Comunità del Navile, una delle ultime nate in città, proprio per aprire il confronto a partire dal patrimonio già realizzato e da qui implementare ulteriormente lo sviluppo dei servizi territoriali dell’Azienda USL di Bologna.
L’utilizzo dei fondi stanziati con il PNRR contribuirà allo sviluppo delle Case della Comunità, favorendone un approccio integrato e multidimensionale con la componente sociale. Grazie ad equipe multidisciplinari e multiprofessionali, oggi già operative, saranno sempre più favoriti interventi socio-sanitari che coinvolgeranno ulteriori figure professionali – come l’Infermiere di Famiglia e di Comunità – e nuove strutture organizzative, tra cui le future Centrali Operative Territoriali. Lo sviluppo di questi nuovi modelli organizzativi coinvolgerà attivamente le singole comunità locali attraverso la partecipazione delle associazioni di pazienti, dei cittadini, dei caregiver, dei privati e del volontariato, favorendo passo dopo passo l’implementazione della Medicina d’iniziativa e di prossimità.