La Conferenza territoriale sociale e sanitaria, presieduta dal presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giorgio Zanni, ha iniziato questa mattina a Palazzo Allende il confronto sulla riorganizzazione del sistema di emergenza-urgenza con la quale la Regione Emilia-Romagna conta di continuare a garantire elevati livelli di assistenza nell’attuale contesto di forte criticità, a livello nazionale, provocato dalla carenza di personale.

Ad illustrare il piano della Regione è stato lo stesso assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, insieme al direttore generale Luca Baldino e ai dirigenti Fabia Franchi e Antonio Pastori. Dopo aver sottolineato che nei prossimi tre anni, in Italia, si rischia di avere circa 4.000 medici di emergenza-urgenza in meno su un organico di 11.107, a causa dei 5.652 pensionamenti previsti e una stima di nuovi specialisti di circa 1.500 unità, l’assessore Donini ha dichiarato che obiettivo del piano di riorganizzazione è “innanzitutto garantire al cittadino che, in caso di emergenza, continuerà ad essere assistito nel minor tempo possibile e nella miglior struttura possibile”, ma anche “migliorare le condizioni di lavoro di chi opera nei Pronto soccorso, nonché dei medici di medicina generale e di continuità assistenziale”. “Per questo è fondamentale confrontarci con i professionisti, come stiamo già facendo e continueremo a fare”, ha aggiunto Donini, illustrando ai sindaci della Ctss i dettagli di una riorganizzazione che ha nella razionalizzazione degli accesi al Pronto soccorso un altro dei suoi punti cardine. Nel 2022, infatti, su 1 milione e 747.269 accessi in Pronto soccorso, ben due terzi riguardavano codici bianchi o verdi che solo in 1 caso su 20 hanno comportato il ricovero. Inoltre, nel 76% dei casi l’accesso è avvenuto non mediato dal 118, ma in maniera autonoma da parte del cittadino. Se si aggiunge che l’80% degli accessi ha riguardato le strutture ospedaliere più grandi – i cosiddetti Dea (Dipartimenti di emergenza-urgenza e accettazione) – ecco allora che da un lato si dovrà intervenire sulle modalità di accesso, differenziando tra le emergenze e le meno gravi urgenze, dall’altro su  una riorganizzazione delle strutture di assistenza.

Sul primo fronte verranno potenziate le centrali telefoniche che – oltre a vedere l’adozione del numero unico 112 per le emergenze dove confluirà, anche per direttiva europea, il nostro 118 –  registreranno il lancio del numero unico per i servizi di urgenza (116117), dove il cittadino sarà indirizzato h24 verso la struttura più adatta a risolvere, bene e rapidamente, il suo problema. Il territorio, insomma, dovrà essere in condizione di dare risposte alla presa in carico dei casi non tempo dipendenti e a bassa complessità, anche attraverso le Uca (Unità di continuità assistenziale), ovvero équipe medico-infermieristiche che interverranno direttamente al domicilio del paziente. Per l’operatività di questo sistema dovranno stipularsi accordi con i medici di medicina generale e sarà valorizzata la rete degli oltre 800 medici di continuità assistenziale (la ex Guardia medica).

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