Domani, mercoledì 19 luglio in piazza Maggiore, a partire dalle 21.45 si terrà la serata-evento di Sotto le stelle del cinema, il cartellone estivo della Cineteca di Bologna in Bologna Estate, con la visione in prima assoluta de Il nome della rosa dopo il restauro.
Sarà il regista Jean-Jacques Annaud a presentare il restauro del film assieme ai familiari di Umberto Eco, Renate Ramge e Stefano Eco; Mario Andreose, presidente de La nave di Teseo; Pierre Olivier della francese TF1, promotrice del restauro; Simona Tondelli, prorettrice dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna; Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna e al sindaco di Bologna Matteo Lepore.

Realizzato nel 1986, a sei anni di distanza dalla prima edizione Bompiani del romanzo nel 1980, Il nome della rosa vede Sean Connery nei panni di Guglielmo da Baskerville, mentre Christian Slater interpreta il ruolo del giovane allievo Adso da Melk.
Il regista Jean-Jacques Annaud racconta così la nascita del film e il rapporto con Umberto Eco sul set: “Per me l’enorme successo del romanzo è stato una catastrofe. Ho capito subito che mi si sarebbe obbiettato che il film non era il libro, sai che scoperta! Ma cosa potevo raccontare in due ore? Ho concepito il film come un palinsesto medioevale, un nuovo testo che si poteva grattar via per ritrovare la traccia dell’originale. Ho pensato fosse un buon modo per definire la relazione tra il romanzo e il film. Il fascino del libro nasce dall’intreccio di differenti strati. È un roman à tiroirs, un gioco di specchi. Unisce alla trama di un romanzo d’appendice, di un giallo, un dibattito che ha marcato la cristianità sulla condivisione della ricchezza; si aggiunge poi il tema del sapere proibito, e poi quel meraviglioso discorso sulla pericolosità del riso che mi ha molto motivato. Quando mi sono appassionato al Nome della rosa, mi sono reso conto che dovevo comprendere in profondità il funzionamento del romanzo poliziesco. Ho letto e analizzato in profondità le interviste di Hitchcock. Ho visto una gran quantità di film per comprendere la struttura dei colpi di scena, l’utilizzo degli indizi. La cosa difficile era preservare l’interesse della trama poliziesca senza trascurare gli aspetti speculativi, che portavano un valore aggiunto rispetto all’indagine. Abbiamo raggruppato, sotto la direzione di Jacques Le Goff, una dozzina di medievalisti esperti in diversi campi: vita quotidiana, costumi, ceramiche, colori, vita religiosa, regole monastiche, eccetera. Ogni volta che mi trovavo di fronte a un problema (barbe, vestiti, modi di pregare) mi rivolgevo a loro. Umberto Eco non ha voluto intervenire perché gli interessava la mia rilettura del suo lavoro. L’ho fatto venire sul set ed è stato molto contento della precisione della cura che ho avuto per i dettagli. Ma quando gli ho comunicato il nome dell’attore principale, è stato colto da una terribile inquietudine. Quando poi ha visto il film ne è rimasto incantato. Tuttavia è vero che la scelta dell’attore era un rischio. Il personaggio nasceva già come una fusione tra un intellettuale medioevale e Sherlock Holmes, e aggiungerci anche James Bond portava a un mix potenzialmente complicato”.

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