Valter Caiumi, presidente di Confindustria Emilia Area Centro, nella sua relazione all’Assemblea Pubblica, di fronte a duemila industriali delle aziende associate di Bologna, Ferrara e Modena che si è tenuta oggi a BolognaFiere, in apertura della decima edizione di FARETE, ha sottolineato il valore della manifattura dell’Emilia, il suo contributo alla crescita del Paese e i rischi da superare, evidenziando attese positive per l’ultimo scorcio dell’anno e diverse incognite per il 2024.
La ripresa dell’economia italiana e il ruolo dell’Emilia
“Nonostante ci siano alcuni recenti segnali di rallentamento, se guardiamo al periodo appena trascorso dobbiamo concludere che l’economia italiana tira”, ha dichiarato Caiumi commentando i dati davanti all’Assemblea: un Pil cresciuto complessivamente di quasi l’11% in due anni, il 2021 e il 2022, in entrambi i quali è aumentato di più della media mondiale; un’economia nel quarto trimestre 2022 già dell’1,9% sopra i livelli del quarto trimestre 2019 antecedente la pandemia, molto più reattiva di quelle di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito a riprendersi dopo i lockdown. Investimenti in macchinari e attrezzature aumentati a tassi record, sia prima sia dopo la pandemia, oggi del 40% più alti in termini reali di quelli del 2015, cioè oltre 30 punti percentuali in più della Germania.
Un’Italia con un tasso di occupazione che ha toccato percentuali storiche record, oltre la soglia del 60% con un debito pubblico che è quello cresciuto percentualmente di meno in valore nel triennio 2020-2022 tra le grandi nazioni del mondo.
Il Modello Emilia come traino per l’Italia
“In questo Paese che non si è fatto mancare quasi nulla, l’Emilia con la sua forza manifatturiera ha giocato un ruolo chiave”, ha continuato Caiumi. Le aziende emiliane mostrano eccellenze importanti e sotto molteplici indicatori si sono dimostrate un passo avanti rispetto al resto del Paese:
• il fatturato medio e il numero di dipendenti medi delle imprese emiliane superano la media nazionale;
• per oltre il 50% si tratta di aziende esportatrici, con un’incidenza dell’export sul totale del fatturato pari al 36%;
• il 32,6% delle imprese ha ottenuto il punteggio massimo per il livello di innovazione raggiunto.
Inoltre, negli ultimi anni c’è stato un rafforzamento dei bilanci delle aziende del territorio, in particolare delle PMI emiliane, che hanno progressivamente ridotto la dipendenza dal credito bancario e aumentato la diversificazione delle fonti finanziarie e del livello di patrimonializzazione.
In particolare, si è osservata una crescita del numero di imprese che hanno emesso obbligazioni, che si sono rivolte al mercato del private equity e del venture capital, che si sono quotate all’AIM o che, in generale, hanno fatto ricorso a canali finanziari cosiddetti alternativi.
“L’attuale scenario, caratterizzato dal ripido incremento dei tassi di interesse e dall’impennata del costo del credito, accentua le tensioni finanziarie delle imprese e ci richiama a ridare slancio alle iniziative dedicate a favorire l’accesso a fonti finanziarie alternative. A luglio 2023 la domanda di prestiti delle imprese è scesa ai minimi dal 2003, questo non è un momento in cui dobbiamo rallentare gli investimenti, cerchiamo fonti alternative, ma non fermiamoci. Se il Paese ha fatto bene e noi abbiamo fatto meglio della media del Paese, possiamo responsabilmente dare un significato concreto allo slogan di essere locomotiva distintiva dell’Italia”, ha commentato Caiumi.
Il rischio per la manifattura italiana delle politiche di spesa mondiali
A fronte di questo quadro, esistono alcuni rischi per la tenuta della manifattura emiliana e italiana cui il Presidente di Confindustria Emilia Area Centro ha dedicato una parte della Relazione.
A partire dall’effetto sull’export italiano delle politiche di spesa pubblica messe in atto dai policy maker di diverse aree geografiche, come l’Inflation Reduction Act americano che ha stanziato 370 miliardi di dollari a favore di imprese che investiranno nella produzione made in USA. “Queste nuove politiche economiche fanno emergere le autonomie dei singoli Paesi, portandoci ad una gestione nervosa di sussidi tra aree geopolitiche alleate, ma anche concorrenti nell’economia globalizzata”, ha sottolineato Caiumi. “Se queste politiche di attrattività dei vari Paesi funzioneranno, nel medio periodo i livelli di export potrebbero modificarsi. L’Europa – che rispetto ai competitor globali paga il non aver perseguito una forte politica internazionale – deve dunque trovare adeguate risposte per incentivare investimenti nel nostro continente e reggere l’urto competitivo accentuato dalle spinte tecnologiche in atto, realizzando una politica industriale di respiro autenticamente europeo. In assenza di una forte iniziativa comunitaria, il rischio è, e ne vediamo le prime avvisaglie, che prevalgano le iniziative autonome, che rischiano di minare ulteriormente la coesione e accrescere gli squilibri all’interno dell’Unione, a favore degli Stati membri che dispongono di maggior margine di bilancio per adottare politiche fiscali espansive”.
Troppa burocrazia europea danneggia le aziende italiane
Parlando di Europa, il Presidente Caiumi ha espresso preoccupazione per un approccio sempre più burocratico, celato da norme, regolamenti e pareri che, così come impostati oggi, danneggerebbero fortemente l’intero sistema manifatturiero europeo. Dalla norma sul riuso per gli imballaggi, alla direttiva per l’omologazione dei macchinari, all’estensione più in generale di norme a tappeto sul mondo delle imprese, a prescindere dalla dimensione delle stesse.
“La norma sul riuso rappresenta un’opportunità, se ben articolata, per affrontare il tema sostenibilità, in modo omogeneo in tutta Europa. Riteniamo tuttavia che la proposta così come formulata oggi, oltre alle evidenti ricadute economiche negative sulla nostra area di Emilia centro, rischi in ogni caso di andare contro gli obiettivi del Green Deal di tutta Europa, riportando indietro le lancette dell’orologio del riciclo e compromettendo la funzionalità degli imballaggi nel proteggere i prodotti”. Il Presidente, rivolgendosi alle autorità presenti in sala ha sottolineato il bisogno di un’Europa più manifatturiera anche nelle azioni di politica economica. “Gli obiettivi ONU 2030 sono importanti e non li mettiamo in discussione, ma attenzione a declinare le norme adeguandole al contesto internazionale reale. La nostra Emilia centro, con oltre 2mila stabilimenti nel mondo, sa che altrove le priorità sono diverse e, mentre si attirano dall’altra parte dell’oceano investimenti importanti, a casa nostra non stiamo sufficientemente sfruttando l’opportunità di un nuovo polo geografico delle catene di fornitura, per avvicinare ciò che riteniamo più ad alto valore aggiunto”.
Un mercato del lavoro sempre più compresso
Un altro aspetto che può costituire fattore di freno alla crescita della più importante area manifatturiera d’Italia c’è quello della forza lavoro qualificata, che le aziende stentano a trovare: oggi la difficoltà di reperimento del personale da parte delle aziende italiane è al 46% (nel 2019 era al 25%). Una difficoltà acuita se a cercare forza lavoro è un PMI: la motivazione principale della mancata assunzione in particolar modo nelle aziende medio piccole è l’assenza dei candidati. Gli ultimi dati Excelsior stimano da qui al 2027 un fabbisogno di circa 3,8 milioni di nuovi lavoratori, di cui 2,7 milioni per il naturale turnover e 1,1 milioni di nuove assunzioni.
“A fronte di un settore industriale che va veloce, rischiamo di dover rallentare, nella filiera, a causa della mancanza delle competenze necessarie al cambiamento”. Caiumi ha poi sottolineato le azioni intraprese dalla Territoriale in questo ambito: da 23 anni Confindustria Emilia Area Centro lavora sui ragazzi che abbandonano la scuola, inserendoli in percorsi professionali. Solo nell’ultimo anno 200 ragazzi residenti a Bologna sono stati così recuperati al lavoro.
“Ridistribuire le risorse non utilizzate del PNRR”
Guardando in generale ai fattori macro che hanno determinato l’accelerazione della crescita dal 2021, un ruolo chiave è stato giocato dall’importante stimolo fiscale messo in campo dai governi, grazie alla combinazione di bassi tassi di interesse e alla disponibilità dei fondi europei, di cui l’Italia è il primo beneficiario come è noto.
“Su PNRR e fondi in generale crediamo che se ci sono, e sappiamo che è così, parti del Paese che non riescono a investire quanto è stato loro destinato, la regola automatica senza nessun filtro deve essere quella di riattribuire subito le risorse alle Regioni che meglio hanno saputo cogliere l’opportunità di investimento”.
L’Emilia può diventare il cuore delle nuove catene regionali del valore
La regionalizzazione delle catene globali del valore, post eventi bellici in Ucraina e più in generale dato il progressivo raffreddamento delle relazioni dei paesi occidentali con la Cina, costituisce un’occasione da cogliere per la crescita dell’Emilia manifatturiera. Diverse imprese multinazionali infatti stanno spostando o duplicando la propria rete di subfornitura dal continente asiatico all’Europa. Ne risulta che il sistema emiliano di piccole e medie imprese, la spina dorsale del sistema produttivo nazionale sopravvissuta alla crisi finanziaria ed alla pandemia, ha beneficiato nell’ultimo anno di un crescente volume di ordini internazionali. Oggi in Emilia in alcuni comparti, come il fashion, sono i fornitori a decidere se accettare o meno un ordine, perché le capacità produttive sono a pieno regime.
“La rimodulazione complessivamente in corso delle catene del valore rappresenta oggi un’occasione importante per la manifattura italiana (e i servizi ad essa collegati), soprattutto nella misura in cui sapremo intercettare i cambiamenti legati alla transizione climatica e digitale in atto”, ha spiegato Caiumi. “Quanto più rappresenteremo una valida alternativa allineata ai bisogni di domani in termini di qualità e sostenibilità, tanto più saremo in grado di ritornare a posizionamenti di mercato a più stretto raggio di fornitura. L’efficienza e l’attrattività del nostro sistema passano da un lavoro di comunità che necessariamente dipende da tutti gli attori in campo”, ha concluso il presidente di Confindustria Emilia.