Uno dei migliori dal punto di vista qualitativo, tra i peggiori in assoluto per quantità negli ultimi dieci anni.

È il bilancio della vendemmia 2023, così come emerso dall’incontro delle cantine sociali modenesi e reggiane (che detengono una quota superiore al 90% della produzione di vini nelle due province), chiamate a confronto da Confcooperative Terre d’Emilia.

Il saldo, a pochi giorni dalla chiusura delle operazioni vendemmiali, vede un calo della produzione del 10,3% rispetto al 2022, vale a dire un consuntivo fissato a 2,428 milioni di quintali di uve rispetto ai 2,7 milioni di quintali dello scorso anno. Per scarsità il raccolto di uve il 2023 è secondo soltanto al 2017, quando i vigneti vennero falcidiati da gelate tardive che limitarono la produzione in campagna.

Il calo percentualmente più vistoso – spiega la centrale cooperativa nata dalla fusione tra le Confcooperative di Modena, Reggio Emilia e Bologna – è attribuibile alle uve bianche, che hanno fatto segnare un -19,7%; in termini assoluti questa flessione significa 42 mila quintali in meno rispetto al 2022.

Appare più consistente la caduta dei lambruschi, per i quali l’11,8% in meno realizzato quest’anno equivale a una perdita di produzione pari a 186 mila quintali rispetto al 2022, chiuso con un raccolto complessivo di 1,58 milioni di quintali contro 1,39 milioni di quintali dell’ultima vendemmia.

In flessione del 5,8%, poi, è risultato anche il valore riferito ai rossissimi; il raccolto di ancellotta, infatti, è sceso a 858 mila quintali, con un -5,7% in meno, equivalente a 57 mila quintali persi rispetto al 2022.

Il dato della vendemmia, soprattutto quello riferito ai lambruschi, appare peraltro ancor più basso se si considera che nel 2023 è entrata in piena produzione una parte di quei vigneti che sono stati oggetto di impianto negli ultimi sette anni, periodo entro il quale le superfici vitate sono aumentate del 13,1% nel Modenese e del 10% nel Reggiano, con una particolare espansione dell’ancellotta e una sostanziale stabilità per i lambruschi.

Rispetto alla media dell’area dei lambruschi, il calo più consistente ha riguardato il Modenese, con un -11% e un quantitativo di uve fissato a 1,055 milioni di quintali; nel Reggiano la flessione si è attestata al 9,8%, portando il raccolto a 1,37 milioni di quintali rispetto a 1,5 milioni di quintali del 2022.

La riduzione delle produzioni – osserva Confcooperative Terre d’Emilia – ha interessato particolarmente i vigneti a sud della via Emilia, che hanno maggiormente risentito del lungo periodo di siccità; qui, infatti, la flessione è stata del 15,3% rispetto al -9,2% della bassa pianura. In termini assoluti, però, anche a causa di diversi episodi grandinigeni, sono le aree a nord della via Emilia ad aver perso i quantitativi maggiori, con 200 mila quintali in meno rispetto al 2022, contro i -81 mila quintali dell’alta pianura e delle aree collinari.

Chiuso in negativo il capitolo delle quantità, la viticoltura modenese e reggiana può comunque contare su alcuni fattori che potrebbero influenzare positivamente i mercati, che già appaiono più vivaci rispetto al recente passato, soprattutto per i lambruschi.

Il primo elemento positivo – evidenzia Confcooperative Terre d’Emilia – è legato all’ottima qualità delle uve, con un grado zuccherino superiore alle due ultime annate (17,60 contro il 17,29 del 2022 e il 17,44 del 2021).

Contestualmente, si è registrato un netto calo sia della produzione italiana (addirittura un 24,2% in meno) che di quella europea (-16,8%); questo – secondo la centrale cooperativa -, unito all’elevato livello qualitativo del raccolto, dovrebbe consentire una ripresa di quotazioni che sono apparse insoddisfacenti, soprattutto nell’ultima annata.

Le attese di movimenti al rialzo riguardano tanto i vini e i mosti derivanti dall’ancellotta, quanto i lambruschi; questi ultimi, tra l’altro, hanno fatto segnare un calo della produzione del 23% dal 2020 a oggi.

«Ora – conclude Confcooperative Terre d’Emilia – riteniamo vi siano condizioni favorevoli per un necessario recupero di redditività che dia ragione degli investimenti effettuati dai produttori e dalle cantine sociali sia sui vigneti che sulle tecnologie e i processi di ricerca, che continuano a innovarsi nella fase di trasformazione e valorizzazione dei prodotti».

 

 

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