«L’allargamento al Mar Rosso della crisi in Medio Oriente potrebbe aggravare la flessione del commercio internazionale, mettendo a rischio una quota rilevante dell’import-export dell’Italia». È quanto sostengono da Lapam Confartigianato: secondo gli ultimi dati dell’ufficio studi dell’associazione, infatti, l’espansione del conflitto andrebbe a danneggiare una fetta importante dei prodotti Made in Italy, andando a compromettere la ripresa del commercio internazionale prevista in questo 2024.

A risentirne maggiormente sarebbe proprio l’Emilia-Romagna e quindi anche Modena e Reggio Emilia, che sull’export delle proprie eccellenze basano buona parte dello sviluppo economico del territorio. A livello provinciale Modena è prima in regione per maggiore esposizione alla crisi di Suez: l’export trasportato via mare attraverso il Canale di Suez vale l’8,7% del valore aggiunto per il territorio della Ghirlandina. Reggio Emilia è quarta in regione per maggiore esposizione: l’export trasportato via mare attraverso il Canale di Suez vale il 6,6% del valore aggiunto per il territorio reggiano. Secondo i dati infatti l’export modenese che attraversa il Mar Rosso vale 2.270 milioni di euro. Quello reggiano vale 1.204 milioni di euro.

In chiave regionale, l’Emilia-Romagna è la seconda regione italiana per valore delle esportazioni trasportate via mare attraverso il Canale di Suez e il Mar Rosso con 9.371 milioni di euro. La maggiore esposizione regionale alla crisi di Suez, con l’export regionale trasportato via mare attraverso il Canale di Suez che in rapporto al PIL è superiore o uguale alla media nazionale del 2,8%, si osserva in Emilia-Romagna con 5,3% del PIL.
«L’escalation della crisi in Medio Oriente – sottolineano dall’associazione – penalizza il sistema del made in Italy, aggravando la frenata del commercio internazionale. Gli effetti della crisi del Mar Rosso, sommati alla stretta monetaria in corso e alla riattivazione delle regole europee di bilancio, potrebbero avere conseguenze sulla crescita, riducendo la fiducia e la propensione ad investire delle imprese e frenando il ciclo espansivo dell’occupazione».

 

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