Ha avuto successo la sperimentazione preclinica di un nuovo trattamento contro l’osteosarcoma a cui ha collaborato il Laboratorio di Oncologia Sperimentale dell’IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna diretto dalla dottoressa Katia Scotlandi.
Si tratta di un nuovo tipo di immunoterapia sviluppato dai ricercatori dell’University College di Londra, su modelli sperimentali preclinici ottenuti al Rizzoli da Scotlandi e dalla dottoressa Maria Cristina Manara.
L’osteosarcoma è il tumore osseo più comune negli adolescenti e nei giovani adulti, ma globalmente è relativamente raro, con circa 100-120 nuovi casi ogni anno in Italia. L’osteosarcoma è un tumore difficile da trattare. Nonostante i progressi, il trattamento sistemico è ancora legato all’uso di chemioterapici tradizionali. Per i pazienti che non reagiscono a questa terapia sono necessari nuovi trattamenti.
I ricercatori inglesi guidati dal dottor Jonathan Fisher hanno scoperto che l’utilizzo di un piccolo sottoinsieme di cellule immunitarie, chiamate cellule T gamma-delta, potrebbe fornire una soluzione efficiente ed economica contribuendo a migliorare la terapia dei pazienti affetti da osteosarcoma. Lo studio, che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Translational Medicine, può avere una valenza più generale e potenzialmente può interessare anche altri tipi di tumore delle ossa.
“Le cellule T gamma-delta sono un tipo specifico di cellula immunitaria e sono caratterizzate da forti proprietà antitumorali innate – spiega la dottoressa Katia Scotlandi – Possono uccidere bersagli marcati con anticorpi e possono essere somministrate in modo sicuro, senza il rischio di malattia del trapianto contro l’ospite.”
Per produrre le cellule, il sangue viene prelevato da un donatore sano. Le cellule T gamma-delta vengono quindi ingegnerizzate per rilasciare anticorpi specifici diretti contro il tumore e sostanze chimiche immunostimolanti chiamate citochine. I ricercatori hanno testato l’efficacia di queste cellule a livello preclinico e hanno scoperto che agiscono meglio dell’immunoterapia convenzionale nel controllare la crescita delle cellule tumorali.
“Questa modalità di immunoterapia, sviluppata dal dottor Fisher, può essere alternativa alle cellule CAR-T, in quanto si è rivelata più efficace sui tumori solidi, oltre che essere meno costosa e più veloce – conclude Scotlandi. – Ora si tratterà di passare alla sperimentazione clinica per verificare le potenzialità del trattamento”.