Si è svolta stamani anche a Reggio Emilia la Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate. Dopo la messa in suffragio dei Caduti celebrata in Cattedrale dall’arcivescovo Giacomo Morandi, le autorità cittadine hanno deposto corone d’alloro al monumento ai Caduti della Resistenza in piazza Martiri del 7 Luglio e al monumento ai Caduti di tutte le guerre in piazza della Vittoria. Sono stati resi gli onori militari al prefetto Maria Rita Cocciufa, ai Gonfaloni e ai Labari delle Associazioni combattentistiche e d’Arma. Alcune ragazze e ragazzi delle scuole reggiane hanno letto testimonianze e riflessioni sul tema della Giornata.

Di seguito, l’intervento svolto in piazza della Vittoria dal sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari:

Cittadine, cittadini

autorità civili, militari e religiose

oggi onoriamo l’Unità nazionale e le donne e gli uomini delle nostre Forze armate e celebriamo una giornata di pace.

Una pace che entrò nella nostra storia il 4 novembre 1918 dopo l’armistizio di villa Giusti e che pose fine, sul fronte italiano e austro-ungarico, al più grande massacro che l’umanità avesse attraversato sino ad allora: la prima guerra mondiale.

E’ dalla fine di questa immane e travolgente esperienza che è nato il concetto di Pace come lo percepiamo noi oggi.

Alcuni numeri di vite distrutte, e alcune testimonianze di pensiero ci possono aiutare a riflettere su quella che gli storici hanno definito la grande guerra.

Per l’Italia, rimasero sul campo di battaglia più di 600.000 morti, di cui 6.400 reggiani.

Furono 590.000 i civili che persero la vita.

In tutto più di 1,2 milioni morti, senza dimenticare le centinaia di migliaia di feriti, mutilati e invalidi permanenti.

Il totale delle vittime causate nel mondo dal primo conflitto mondiale si può stimare in più di 37 milioni, contando 17 milioni di morti e più di 20 milioni di feriti e mutilati, sia militari che civili.

Chiediamoci perché scoppiò quel conflitto che un uomo di pace come papa Benedetto XV definì una “inutile strage”.

“Ogni popolo andava con una fiaccola in mano per le strade d’Europa. E ora c’è l’incendio”, così commentò un padre del socialismo francese ed europeo, Jean Jaurés.

Le parole di Jaurés ci dicono che, dietro a quei numeri atroci, ci furono idee:

idee così potenti da entrare nella mentalità collettiva e di ciascuno, tanto da creare le radici e le mozioni ideologiche che porteranno poi alla seconda guerra mondiale.

E’ da allora, dopo aver vissuto gli effetti devastanti del conflitto tra nazionalismi prevaricanti, che si è fatta strada nelle coscienze e nelle culture quella sete di Pace che portava e porterà con sé fino ad oggi il ‘No alla guerra’, il No alla disumanizzazione della persona, il No alla barbarie e alla sopraffazione tra comunità e culture.

E di contro, il Sì alla convivenza civile, al riconoscimento dell’altro, il Sì alla fraternità tra i popoli, in una comunità europea e internazionale dove i confini sono chiamati a unire, non a dividere, sono intesi come ponti, non come fronti, sono fili sottili che tracciano e legano culture e vite non spezzate ma accomunate da prossimità e fraternità.

Letta con la lente d’ingrandimento dell’attualità, questa Giornata di Pace si fa ancora più attuale.

Siamo circondati da guerre: in Europa; nel Mediterraneo e Vicino Oriente, in Africa.

Conflitti causati da ingiustizie.

Torti che si aggiungono a torti, rivalse sanguinarie e disumane che rispondono ad altri atti abominevoli e atroci.

Mentre gli operatori di pace, le diplomazie, il dialogo, l’ascolto dell’altro faticano a farsi strada, sovrastati dai cannoni.

Ma è l’articolo 11 della nostra Costituzione che ci indica la strada:

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

In questa prospettiva, il significato del ricordo della grande guerra non è quello della celebrazione di una vittoria, ma è quello di aver difeso e riaffermato la libertà e l’autodeterminazione di un popolo, il nostro popolo, che ha ottenuto l’Unità nazionale portando a compimento le idealità e i desideri del Risorgimento, già presenti nell’esperienza della Repubblica Cispadana del 1797: la prima Repubblica in Italia dell’età moderna, il cui emblema, il Tricolore – quella bandiera che unisce tre colori fra loro molto diversi – nacque qui a Reggio Emilia per simboleggiare libertà, eguaglianza e fratellanza.

Libertà, eguaglianza e fratellanza sono le radici, universalmente riconosciute, della Pace.

C’è un filo invisibile che lega tutti i reggiani, da quei rivoluzionari della bandiera italiana del 1797 ai Caduti delle due guerre mondiali fino ai combattenti della Resistenza.

Questo filo è la capacità di dialogare, di trovare punti di contatto e di integrare cose e mondi diversi, e anche di combattere per la libertà, la pace e la democrazia.

Ricordiamo che Reggio Emilia è città Medaglia d’oro al Valore militare per la Resistenza grazie al ruolo avuto durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo. Furono 625 i partigiani Caduti.

E il contributo dei militari italiani alla lotta partigiana fu fondamentale: dopo l’8 settembre 1943 fin da subito ufficiali e soldati fedeli al re decisero di organizzare unità combattenti contro i nazisti, che si unirono poi alle formazioni partigiane, portando esperienza e addestramento militare e unificando così la lotta contro il nazifascismo

Molti soldati italiani che si unirono alla Resistenza furono catturati, torturati e uccisi dai nazifascisti.

Oggi ricordiamo con gratitudine le donne e gli uomini delle nostre Forze armate, in particolare quelli impegnati in missioni internazionali per il mantenimento o la riaffermazione della pace, e fra costoro quelli dispiegati in Libano sotto le insegne delle Nazioni Unite, al centro della grave crisi israeliano-palestinese.

Le nostre Forze armate sono anche forze di sicurezza e legalità, di presidio del territorio e di vicinanza ai cittadini, a cominciare dai più fragili, anche nei momenti di difficoltà, di emergenza e in caso di calamità.

La loro professionalità, esperienza e dedizione è a tutela della democrazia e della sicurezza, a protezione della trasparenza dell’economia e della finanza, dei diritti di ciascuna persona.

In conclusione vorrei ricordare l’insegnamento che ci lascia il Canto dei nostri soldati, la Leggenda del Piave, che termina con le parole:

“La pace non trovò né oppressi né stranieri”.

E’ la strada che evoca il poeta e combattente di trincea Giuseppe Ungaretti nei suoi versi celebri:

“Di che reggimento siete, fratelli?”.

Nell’inquietudine, nel dolore, nella paura, nell’incertezza del vivere, rinasce in quella parola universale – “fratelli” – una speranza di solidarietà e di pace, che non deve mai spegnersi.

Il mio augurio a tutti, dunque, è di un 4 Novembre festa di Pace e di Fratellanza”.

 

 

 

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